Oriana Fallaci - Intervista con la Storia
«Mi lasciai andare a un gioco crudele. Gli chiesi di cantarmi ciò che cantano per la Messa funebre. Me lo cantò. E io, sempre scherzando, gli dissi: «Non mi piacciono certe parole. E quando canterai per me, alla Messa funebre, non dovrai dre certe parole. Per esempio non dovrai chiamarmi servo-del-Signore. Nessun uomo è servo di nessuno. Nessuno uomo dev'essere servo di nessuno. Nemmeno del Signore».
E lui promise che per me non avrebbe cantato quelle parole, non mi avrebbe chiamato servo del Signore.»
(Alessandro "Alekos" Panagulis, 1973)
Il primo libro dell'autrice che ho comprato e il secondo che ho finito.
Intervista con la Storia si tratta di una raccolta di interviste fatte a cavallo tra gli anni '60 e gli anni '70. Le personalità intervistate, 28, sono figure centrali nella politica globale del tempo.
Del tempo, sì. Oggi non passa giorno in cui i leader non siano intervistati. Oggi la Camusso, domani Renzi, poi la Boschi, poi Alfano, e così via. Ai tempi le interviste non erano così comuni, anzi erano piuttosto rare.
Ecco perché un ragazzo di vent'anni, forse, non può apprezzare al massimo questo libro. Perché risulta anacronistico ai suoi occhi. Così come risultano anacronistiche (e in alcuni casi proprio noiose) alcuni passi. Ad esempio la questione Portoghese dopo la fine del regime di Salazar in cui figurano le due interviste a Mario Soares e quella ad un fuori di testa Alvaro Cunhal.
Altri passi, al contrario, sono molto più interessanti. E' il caso di parlare forse di William Colby la cui intervista mi ha fatto rabbrividire facendomi venire un senso di angoscia? La maniera candida con cui si afferma che gli Stati Uniti appoggiano regimi di estrema destra nel caso alle libere elezioni vinca la sinistra mi ha fatto proprio pensare a che razza di clima si avesse in quegli anni. Ai tanti che rivogliono la prima repubblica io gliela farei proprio leggere quest'intervista.
Altra intervista interessante è quella ad Andreotti, il Frank Underwood nostrano. Ma se Kevin Spacey nella serie Netflix è una persona con carisma che non teme le interviste, il Divo Giulio invece sfugge alle domande e si mostra in tutta il suo becero conservatorismo democristiano. O ancora, Hailé Selassié, un uomo ridicolo in tutto e per tutto.
Eppure, tra interviste noiose e alcune interessanti, ce ne sono anche di attuali. Pietro Nenni, per esempio, che ci da la sua visione dell'Europa, un'Europa che non si è vista all'epoca e che lui prevedeva che non si sarebbe fatta. 1971. E guardiamola ora la nostra Unione Europea, che litiga su punti decimali per il Trattato di Maastricht e si litiga chi deve tenersi i migranti, come se fossero un sacco dell'immondizia. O ancora, l'intervista a Golda Meir, ad Arafat, George Habash o Mohammad Reza Pahlavi, l'uomo che ha praticamente aperto le porte alla teocrazia iraniana con la sua politica genuflessa all'Occidente.
Tutto questo è Intervista con la Storia. Un libro che forse un ventenne nato nel 1994 può non capire - tanti sono i riferimenti al comunismo, socialismo, fascismo - che visti oggi sono solo uno scontro ideologico del passato ma su cui ai tempi si combattevano guerre civili. E Intervista con la Storia, forse, è anche un libro che non va letto come un libro qualsiasi. Le interviste vanno lette e ricercate studiando un dato periodo storico, viceversa rischiano di perdere valore e intensità.
Non a caso, quando mi deciderò di tornare con la mente al Vietnam (con la lettura di Saigon e Così Sia) sarò molto felice di riprendere in mano questo libro di quasi 900 pagine per leggermi l'intervista a Kissinger, a Von Thieu e a Giap.
E magari la stessa cosa farò con la lettura di Un Uomo o di tutto il ciclo sull'Islam, con Insciallah e la Triologia di Oriana Fallaci che ne è seguita dopo gli attacchi del 11 Settembre.