se una civiltà toglie la caffeina o l’alcool da una bevanda e continua a chiamarla caffè o birra, è chiaro che considera irrilevante lo spirito, lo scopo originario delle cose. Quando si tolse il motore a un aereo lo si chiamò aliante, così come il baseball alleggerito venne ribattezzato softball. Oggi abbiamo il compito di elaborare i meccanismi giuridici che riconoscano i diritti materiali e morali delle coppie dello stesso sesso. Orbene, essere pari non significa essere la stessa cosa e quindi riconoscere pari capacità familiare non vuol dire che il nucleo dei relativi diritti possa avere lo stesso nome di matrimonio, visto che non ha la stessa natura. Il rispetto degli omosessuali impone che l’ordinamento tuteli forme in cui possano esprimersi compiutamente, ma non meno rispetto merita il nome dell’istituto eterosessuale, distinto dalla capacità di autonoma e naturale generazione della prole. Se si chiama matrimonio un fenomeno che è oggettivamente diverso, in quanto diversi sono i presupposti e i contenuti, si apre la strada a chiamare con lo stesso nome il legame col cane, o con la propria motocicletta. Il nome conta più dei diritti, o meglio è il primo dei diritti. Se la legge e la stampa proponessero un nome diverso,come stava effettivamente avvenendo coi PACS, gli omosessuali si ribellerebbero come e peggio che se gli avessero negato ogni garanzia. Il nome è gran parte dell’identità di ogni ente, se non la sua identità tout-court, ma quest’epoca distratta non intende riconoscerlo. La forza dei nomi è nella condivisione del loro significato, ma perché sia univoco occorrono definizioni. Non è un caso che nell’ultimo secolo molti filosofi siano venuti dall’ambito linguistico o vi abbiano lavorato. Il compito di base della speculazione pura è quello della definizione, ovvero la ricerca, analisi e verbalizzazione dei significati.