La lingua straniera

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Larm

Prima di poter accedere seriamente a una qualsiasi lingua straniera bisogna averla esercitata sul suolo dov'è parlata, aver condiviso la stessa cultura con i locutori nativi e aver reso quest'ultima una parte integrante di noi stessi.

Se non si ha voglia o non si è capaci di intraprendere tale lavoro, tanto vale guardare le trasposizioni nella propria madrelingua (se ben fatte) piuttosto che adornarsi di termini stranieri senza avere alcuna esperienza di dialogo reale in tale lingua. In ogni caso non esiste mai una traduzione perfetta e il concetto di « originale » è largamente sopravvalutato. Sono da sempre in un certo senso gli stranieri ad una cultura coloro che hanno lo sguardo più profondo e chiaro sulla cultura stessa. Gli altri hanno esperienza ma perlopiù nessuna conoscenza.
 
Larm ha scritto:
Prima di poter accedere seriamente a una qualsiasi lingua straniera bisogna averla esercitata sul suolo dov'è parlata, aver condiviso la stessa cultura con i locutori nativi e aver reso quest'ultima una parte integrante di noi stessi.
E' la stessa cosa se ti guardi una vagonata di film e TV in quella lingua. Certo poi nella realtà parlerai in modo un po' buffo ma ci vuole poco per adattarsi.

E comunque "Lingua = Cultura" è un'equazione pericolosa (nonché ottocentesca). Perché: 1-una lingua di un posto può essere parlata da qualunque persona di qualsiasi cultura, pragmaticamente parlando; e 2-a una lingua spesso corrispondono più culture e sotto-culture. basta pensare all'inglese dell'australia, delle varie parti del nord america, del regno unito ecc, o al francese del quebec e delle ex-coloni africane, o anche solo all'italiano parlato nell varie regioni.  Senza contare la lingua scritta che è un altro discorso ancora.

Larm ha scritto:
tanto vale guardare le trasposizioni nella propria madrelingua (se ben fatte)
Ahia.
 
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Steph

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è mai possibile che ogni qualcosa di divertente debba diventare una fottuta discussione sulle sue origini linguistiche?!
 
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Larm

Ipergorilla ha scritto:
E' la stessa cosa se ti guardi una vagonata di film e TV in quella lingua. Certo poi nella realtà parlerai in modo un po' buffo ma ci vuole poco per adattarsi.
Questo vale al massimo per l'inglese americano, per il semplice fatto che gli Americani vivono e parlano come se fossero in un film (oltre perché si è talmente martellati dalla cultura americana dalla fine della seconda guerra mondiale che ormai la si ha integrata inconsciamente). Ciò rende oltretutto gli Anglosassoni in genere e gli Americani in particolare tra i peggiori locutori in lingua straniera, poiché 1) credono che l'inglese basti per comunicare in tutto il mondo e quindi che non ci sia particolarmente bisogno d'impegnarsi in lingue diverse dalla propria ; 2) credono che in una lingua la semantica e la grammatica siano i soli livelli importanti, non fanno nessuno sforzo per imparare la fonetica e abbandonano il compito di decifrare ciò che dicono al loro interlocutore ; 3) sono in generale davvero stupidi.

Per le culture europee che hanno tradizionalmente separato la realtà dalla finzione non è la stessa cosa. Forse qualche mese ti basta per iniziare a farti comprendere in quella lingua, ma parlarla sul serio, voglio dire adoperarla in modo conscio e creativo a livello simile ad un locutore nativo, e non semplicemente usarla, beh, è una cosa che richiede parecchio tempo, degli anni anche se sei la persona più portata al mondo per le lingue.

Ipergorilla ha scritto:
E comunque "Lingua = Cultura" è un'equazione pericolosa (nonché ottocentesca). Perché: 1-una lingua di un posto può essere parlata da qualunque persona di qualsiasi cultura, pragmaticamente parlando; e 2-a una lingua spesso corrispondono più culture e sotto-culture. basta pensare all'inglese dell'australia, delle varie parti del nord america, del regno unito ecc, o al francese del quebec e delle ex-coloni africane, o anche solo all'italiano parlato nell varie regioni.  Senza contare la lingua scritta che è un altro discorso ancora.
Le varianti regionali di una lingua principale* sono proprio la dimostrazione più palese di come una cultura locale influisce e trasforma una lingua più vasta, presa nella dimensione nazionale. Per quanto determinate regole di una lingua possano essere trasportate da un luogo all'altro senza troppi problemi, nella realtà i locutori adattano la lingua 1) al proprio sistema fonetico precedente la colonizzazione e dettato spesso da un rapporto alle condizioni climatiche 2) ai propri schemi di pensiero dettati dalla loro vita quotidiana.

* è quest'ultimo semmai ad essere un concetto stupido, seicentesco o settecentesco. La lingua nazionale indica al giorno d'oggi la lingua amministrativa, non la lingua realmente utilizzata dai locutori. La distanza o la vicinanza di un popolo ad una lingua amministrativa indica, o il suo grado di vicinanza a coloro che reggono le strutture amministrative, o il grado di oppressione che ha subito all'epoca in cui la lingua nazionale si imponeva (militarmente) su tutto il territorio.
 
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Larm

Le condizioni climatiche e ambientali (calore, fertilità del suolo ecc) influenzano il modo in cui gli individui si rapportano gli uni agli altri e dunque il sistema fonetico che adoperano. I fattori storici e politici esistono ma sono sempre una rielaborazione e un confronto all'ambiente naturale in cui le lingue si sviluppano. Un esempio stupido : in una cultura come quella greca dove le persone erano abituate a parlarsi liberamente in piazza pubblica, l'emissione sonora doveva essere più potente e espressiva per farsi capire al volo dal popolo ; al contrario, là dove fa freddo e la gente resta rintanata in casa, come accade nel nord Europa, la potenza vocale per parlare agli altri è superflua, e come conseguenza paradossale le lingue delle regioni più fredde sono anche le meno potenti e immediate.

Ovviamente lo sviluppo degli scambi commerciali modifica leggermente questo schema di base, e in generale le lingue sono sempre a metà profondamente determinate dal luogo in cui nascono e si sviluppano, per l'altra metà dagli apporti venuti dalle altre lingue con cui hanno una relazione. In ogni caso vi è sempre e comunque la possibilità di stabilire delle regole di passaggio da una lingua all'altra, altrimenti sarebbe impossibile imparare una lingua nuova.

Le lingue sono dei sistemi complessissimi e non basta certo guardarsi film o serie televisive (che sono spesso elaborazioni artistiche poco conformi alla lingua ordinaria) per poter sviluppare un livello linguistico decente. Anche passando un anno a guardare TG stranieri, ad ascoltare musica e a leggere libri o giornali, nel momento in cui ti trovi sul serio a contatto con la cultura straniera e ti accorgi di non saper nemmeno domandare del pane in una latteria, beh ti rendi conto che fino ad allora non avevi davvero imparato nulla.

Diffidate dunque dell'apprendimento delle lingue nella propria madrepatria, poiché il meglio che potreste ottenere è una madrelingua con degli spruzzetti di vocaboli stranieri qui e là.
 
Larm, la teoria che hai esposto sui sistemi fonetici influenzati dalle condizioni ambientali non l'avevo mai sentita. Posso come minimo immaginare che non sia accolta universalmente nel mondo accademico. Dove l'hai letta?

E fammi fare una domanda: come si applica questa teoria a quelle persone che sono bilingui dalla nascita, cioè che hanno una competenza nativa di due lingue (completa di due sistemi fonologici, morfologici, sintattici, semantici nettamente separati) fin da quando iniziano a parlare? Se non sbaglio tu rientri tra queste persone.

Larm ha scritto:
Ok, in quella risposta avevo in mente l'inglese. Però tu parli delle capacità linguistiche come se l'unica cosa importante fosse un livello eccellente di produzione orale. NON È COSÌ. Uno può anche non essere un poeta per comprendere ragionevolemente una lingua. Non vedo che c'è di male, per esempio, se uno si volesse imparare il russo per leggersi Dostoevskij in originale piuttosto che per intrattenere conversazioni con moscoviti.

Oppure pensa agli albanesi che vengono la prima volta in italia parlando già bene l'italiano perché si vedevano la tv italiana prima di arrivare. Riuscirebbero a leggersi un romanzo? ne dubito. Uno impara una lingua anche (quasi sempre) per motivi diversi dal raggiungere una competenza orale di un parlante nativo. Io ho conosciuto un traduttore di Manwha che non è mai stato in Corea, eppure il suo lavoro è eccellente.

Tutto questo per dire che la tua affermazione "Prima di poter accedere seriamente a una qualsiasi lingua straniera bisogna averla esercitata sul suolo dov'è parlata, aver condiviso la stessa cultura con i locutori nativi e aver reso quest'ultima una parte integrante di noi stessi."  è piuttosto restrittiva. Non capisco la tua sfiducia nei corsi di lingua. I corsi di lingua, se fatti con professionalità (e qui vedo un potenziale commento: AHIA) accompagnati da un intresse per la lingua, sono il modo più pratico per avvicinarvisi. la letteratura, i film e la tv sono tutti strumenti validissimi per darti un'idea dell'uso che di può fare di quella lingua. Poi c'è una cosa che si chiama internèt che offre un mondo di occasioni per imparare lingue (ma penso si possa includere nel concetto di "suolo da condividere" per accedere a una lingua, no? non vedo perché no :P ).

Inoltre: la tua affermazione esclude palesemente alcune lingue. Ad esempio: il KLINGON. sono sicuro che chi HA INVENTATO quella lingua non abbia mai avuto conversazioni con un vero Klingon (la nostra tecnologia è ancora molto arretrata per stabilire contatti con questa civiltà).

Edit: WTF ci hanno spostato. Ecco cosa succede quando Larm scrive in vomitoteca.
 
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Larm

Ipergorilla ha scritto:
Larm, la teoria che hai esposto sui sistemi fonetici influenzati dalle condizioni ambientali non l'avevo mai sentita. Posso come minimo immaginare che non sia accolta universalmente nel mondo accademico. Dove l'hai letta?
Rousseau, Saggio sull'origine delle lingue. Buona lettura.

Per il resto non hai di cui preoccuparti : lavoro e discuto regolarmente con gente del dipartimento di linguistica, non viene certo dal nulla. Del resto è talmente stupida e intuitiva che basta rifletterci due secondi per rendersi conto che è valida in qualsiasi caso.

Giusto per precisare, ho parlato di condizioni ambientali in modo molto vasto. Una nozione migliore sarebbe quella di contesto, poiché non è strettamente legato alla natura climatica (anche se inevitabilmente qualsiasi costruzione dell'uomo viene fatta in lotta continua contro la natura del luogo in cui è posta).

Ipergorilla ha scritto:
E fammi fare una domanda: come si applica questa teoria a quelle persone che sono bilingui dalla nascita, cioè che hanno una competenza nativa di due lingue (completa di due sistemi fonologici, morfologici, sintattici, semantici nettamente separati) fin da quando iniziano a parlare? Se non sbaglio tu rientri tra queste persone.
A prescindere dal fatto che dovresti sapere che non si ha mai una competenza nativa integrale in due lingue allo stesso modo, e che si dà sempre e comunque la preferenza ad una lingua piuttosto che all'altra (in genere quella che la madre parlava al figlio da piccolo) per delle ragioni economiche ; ti renderai benissimo conto da solo che la lingua che scrivo in italiano è già di per sé pesantemente influenzata dalla mia esperienza precoce con una lingua completamente diversa (il tedesco), nonché da quella con altre due lingue europee (l'inglese e il francese). Il solo fatto che la comprensione reciproca su questo topic sia così difficile dimostra ampiamente come veniamo da due culture diverse.

Per il resto, proprio perché il tedesco l'ho studiato a scuola per tantissimo tempo e non l'ho praticamente mai usato al di fuori delle ore di classe, le mie competenze in tedesco sono ancora al giorno d'oggi infinitamente inferiori a quelle in inglese o in francese, lingue che invece ho praticato sul suolo nativo. Ciò nonostante mi sono reso conto, tramite il confronto con dei Francesi che studiavano dei testi in tedesco, che mentre loro avevano una difficoltà enorme a comprendere la struttura delle frasi e si fermavano a tradurre e decifrare ogni singola parola, io non avevo nessun problema a comprendere il senso anche di frasi molto lunghe. Questo perché ho comunque sentito parlare la lingua per molti anni da parte dei docenti o tramite la televisione, e quindi ho una certa conoscenza intuitiva del modo di fraseggiare proprio della lingua.

E ancora peggio, proprio perché il tedesco è comunque integrato al mio modo di pensare e di comportarmi fin da quando ero bambino, le mie traduzioni verso l'italiano restano comunque potenzialmente peggiori di qualcuno che ha praticato la lingua in località meno decentrate di quella in cui sono nato. Forse si capirebbe comunque il senso di quello che dico, ma le mie parole non toccherebbero con la stessa forza e vivacia di un traduttore nato un po' più al sud.

Ipergorilla ha scritto:
Ok, in quella risposta avevo in mente l'inglese. Però tu parli delle capacità linguistiche come se l'unica cosa importante fosse un livello eccellente di produzione orale. NON È COSÌ. Uno può anche non essere un poeta per comprendere ragionevolemente una lingua. Non vedo che c'è di male, per esempio, se uno si volesse imparare il russo per leggersi Dostoevskij in originale piuttosto che per intrattenere conversazioni con moscoviti.
Ho parlato di pratica e non necessariamente di pratica orale. E' certo che il dialogo con un locutore reale rappresenta comunque un modello ottimale per imparare molto in fretta il funzionamento reale della lingua e integrare le regole grammaticali in modo spontaneo. In fondo i bambini imparano a parlare in modo corretto molto tempo prima d'iniziare ad andare a scuola.

Per il resto, studiando la lingua senza praticarla puoi arrivare certo ad un determinato livello di comprensione, ma resterà comunque una comprensione estremamente limitata rispetto a chi, ad esempio, quella lingua l'ha praticata attivamente per un certo numero di anni in uno o più dei luoghi dove essa è usata correntemente. Pensi che i traduttori abbiano studiato la lingua a casa loro con il corso DeAgostini in cd-rom ? In tale caso lo si vede subito, poiché le loro traduzioni risultano pessime e piene di controsensi.

Ipergorilla ha scritto:
Tutto questo per dire che la tua affermazione "Prima di poter accedere seriamente a una qualsiasi lingua straniera bisogna averla esercitata sul suolo dov'è parlata, aver condiviso la stessa cultura con i locutori nativi e aver reso quest'ultima una parte integrante di noi stessi."  è piuttosto restrittiva. Non capisco la tua sfiducia nei corsi di lingua. I corsi di lingua, se fatti con professionalità (e qui vedo un potenziale commento: AHIA) accompagnati da un intresse per la lingua, sono il modo più pratico per avvicinarvisi. la letteratura, i film e la tv sono tutti strumenti validissimi per darti un'idea dell'uso che di può fare di quella lingua. Poi c'è una cosa che si chiama internèt che offre un mondo di occasioni per imparare lingue (ma penso si possa includere nel concetto di "suolo da condividere" per accedere a una lingua, no? non vedo perché no :P ).
Dici benissimo : sono tutte cose buone per avvicinarsi alla lingua. Ma dall'avvicinarsi al praticarla, c'è un salto vero e proprio da fare, quasi sempre piuttosto traumatico all'inizio. In compenso, la sofferenza iniziale è ripagata alla fine del processo per una conoscenza intuitiva della struttura linguistica che non avresti mai potuto ottenere neanche con 50 anni di lettura dei testi in tale lingua.

Credo in ogni caso che per destreggiarsi ad un buon livello si debbano praticare alternativamente tutti i livelli di una lingua : pratica e ascolto orale, scrittura con destinatario (lettere) o senza (saggio), lettura di testi e fruizione d'opere d'arte della cultura corrispondente, ecc. Privarsi di uno solo di questi livelli significa partire sempre e comunque mutilato rispetto a chi la lingua la pratica in modo regolare.

E onestamente, diffida anche del livello di lingua che puoi praticare attivamente su internet. L'inglese è un cattivissimo esempio, poiché quello che trovi su internet è una versione estremamente impoverita (chiamata ironicamente globish) della lingua praticata realmente in uno dei luoghi nativi*. Voglio dire che se pensi di andare in Inghilterra con l'inglese che hai imparato a casa guardando i Griffin e sperare di destreggiarti in un battibaleno sarai subito immensamente frustrato dalla realtà dei fatti.

* l'inglese è un cattivo esempio per un altro motivo : in Italia e nel resto del mondo si è particolarmente irradiati da un tipo specifico d'inglese, l'inglese americano, che è di per sé una lingua estremamente « molle » integrante in sé l'enormità di culture differenti che hanno formato il paese tramite immigrazione. E anche in quel caso, se nella East Coast hai buone probabilità di farti capire al volo a causa della pesante immigrazione italiana di cui tale zona è stata irradiata nel passato, in California ti troveresti già ben più in difficoltà a capire quello che ti si dice.

(E poi non è colpa mia se ogni volta che parlo di lingue ci caschi come un pero, oh.)
 
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Non ho capito bene su cosa state discutendo :P

Avete entrambi ragione e state discutendo sul nulla, da quanto ho capito!
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E' vero che una lingua non può certo essere imparata guardando telefilm, cartoni ma di certo sono più utili delle lezioni d'inglese fatte nelle scuole, nelle maggior parte delle quali non esistono professori di inglese adeguatamente preparati.. ed è una vergogna che ci si fossilizzi tanto sul greco/latino quando ci obbligano a seguire lezioni private d'inglese (almeno io mi sento ''obbligato'' dato che il diritto di conoscere uno dei linguaggi più usati al mondo mi è praticamente 'negato') :P
 

liuton2005

sono qui solo di passaggio
WrongImpression ha scritto:
almeno io mi sento ''obbligato'' dato che il diritto di conoscere uno dei linguaggi più usati al mondo mi è praticamente 'negato'
Lamentati con i ministri dell'istruzione. Certamente io posso fare solo critica mentre per fare discorsi costruttivi dovrei almeno conoscere il quadro generale.

Se vuoi un consiglio, per imparare bene l'inglese la cosa migliore da fare è guardarsi Discovery Channel, film in generale e South Park tutti in inglese con eventuali sottotitoli sia in italiano sia in inglese. I film almeno se puoi guardali due/tre volte.

La maggior parte delle persone con cui ho avuto opportunità di conversare in inglese mi hanno detto che ho una buona pronuncia.

Avevo consigliato anche ad un mio amico, con cui facevo a gara per chi guardasse più film, di guardare i film in inglese e m'ha detto che è riuscito ad apprendere più cose.
 

Monsù Pyr3s

Lucerna Juris
WrongImpression ha scritto:
E' vero che una lingua non può certo essere imparata guardando telefilm, cartoni ma di certo sono più utili delle lezioni d'inglese fatte nelle scuole, nelle maggior parte delle quali non esistono professori di inglese adeguatamente preparati.. ed è una vergogna che ci si fossilizzi tanto sul greco/latino quando ci obbligano a seguire lezioni private d'inglese (almeno io mi sento ''obbligato'' dato che il diritto di conoscere uno dei linguaggi più usati al mondo mi è praticamente 'negato') :P
Vai all'ufficio scolastico regionale e fai presente l'inadeguatezza del professore. Chiedi formalmente che venga esaminato, e che venga esaminata l'intera classe. No, scusa, dimenticavo: è più comodo criticare e basta.
 

ArkerLucario

Passante
E' chiaro che ogni cultura associa le idee in maniera differente rispetto alle altre, ergo NESSUNA lingua può tradurre alla PERFEZIONE la QUALUNQUE lingua. Basti pensare alla semplice parola "improve" in inglese, non ha una traduzione perfetta italiana con un solo vocabolo.

Io studio in un Liceo Linguistico, e posso dire che prima di tutto bisogna esserci portati per imparare bene bene una lingua. Bisogna adeguare l'orecchio alla lingua straniera sentendo spessissimo la pronuncia e anche le varie cadenze dialettali, alla fine risulterà che la grammatica verrà da sè, perchè se un periodo è grammaticalmente errato, qualora l'orecchio sia abituato a sentire la madrelingua, ce ne accorgiamo, e aggiustiamo la frase come meglio ci suona. La grammatica inglese ad esempio (non che sia complessa, anzi, è probabilmente la lingua più semplice al mondo) io non l'ho mai studiata in vita mia, eppure commetto errori grammaticali molto molto raramente :D
 
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Larm

ArkerLucario ha scritto:
Io studio in un Liceo Linguistico, e posso dire che prima di tutto bisogna esserci portati per imparare bene bene una lingua. Bisogna adeguare l'orecchio alla lingua straniera sentendo spessissimo la pronuncia e anche le varie cadenze dialettali, alla fine risulterà che la grammatica verrà da sè, perchè se un periodo è grammaticalmente errato, qualora l'orecchio sia abituato a sentire la madrelingua, ce ne accorgiamo, e aggiustiamo la frase come meglio ci suona. La grammatica inglese ad esempio (non che sia complessa, anzi, è probabilmente la lingua più semplice al mondo) io non l'ho mai studiata in vita mia, eppure commetto errori grammaticali molto molto raramente :D
Questo comunque ti dà una buona competenza passiva, ma ci vuole ancora un po' di lavoro per ottenere una competenza attiva. Me ne rendo conto in tedesco dove, sebbene possa correggere pressoché istantaneamente gli errori ortografici, di pronuncia e in buona parte pure grammaticali, quando lo parlo non mi distinguo enormemente da un qualsiasi straniero che ha fatto un corso di lingua. Nella lingua parlata ci sono soprattutto un sacco di particelle non grammaticali che servono a completare la frase rendendola più familiare, corrispondenti più o meno a ciò che viene messo sotto la rubrica dell'intercalare (« cioè » o « tipo » in italiano, « like » o « hum » in inglese americano, ecc).
 

ArkerLucario

Passante
MC5 ha scritto:
scusa l'ignoranza, ma improve non vuol dire "miglioramento"?
Prima di tutto è un verbo. Secondo è un misto tra incrementare/migliorare ma anche mettere in gioco ad esempio. E' un verbo che io definisco "forte" (solo io eh) cioè un verbo con un significato più profondo di una parola che potrebbe essere considerata come sinonimo. (Nel caso di improve un presunto sinonimo potrebbe essere il verbo to increase)

Larm ha scritto:
Questo comunque ti dà una buona competenza passiva, ma ci vuole ancora un po' di lavoro per ottenere una competenza attiva. Me ne rendo conto in tedesco dove, sebbene possa correggere pressoché istantaneamente gli errori ortografici, di pronuncia e in buona parte pure grammaticali, quando lo parlo non mi distinguo enormemente da un qualsiasi straniero che ha fatto un corso di lingua. Nella lingua parlata ci sono soprattutto un sacco di particelle non grammaticali che servono a completare la frase rendendola più familiare, corrispondenti più o meno a ciò che viene messo sotto la rubrica dell'intercalare (« cioè » o « tipo » in italiano, « like » o « hum » in inglese americano, ecc).
Certamente, infatti per apprendere le minime particelle e cadenze è consigliabile vivere per ANNI nella comunità straniera, poco ma sicuro. Condivido pienamente i tuoi punti di vista ;-)
 

Gkx

Admin
ma francamente con tutti gli esempi che ci possono essere "to improve" non lo trovo per niente intraducibile: un semplice "migliorare" è sufficiente per il 99% dei contesti in cui può apparire la parola, a differenza di altri verbi (per ora non mi vengono in mente esempi).  tra l'altro "mettere in gioco" non so dove l'hai tirato fuori, mi fai un esempio contestualizzato?

p.s. "to increase" è a livello quantitativo, "to improve" è qualitativo.  un sinonimo più appropriato sarebbe "to better"
 

ArkerLucario

Passante
Gkx ha scritto:
ma francamente con tutti gli esempi che ci possono essere "to improve" non lo trovo per niente intraducibile: un semplice "migliorare" è sufficiente per il 99% dei contesti in cui può apparire la parola, a differenza di altri verbi (per ora non mi vengono in mente esempi).  tra l'altro "mettere in gioco" non so dove l'hai tirato fuori, mi fai un esempio contestualizzato?

p.s. "to increase" è a livello quantitativo, "to improve" è qualitativo.  un sinonimo più appropriato sarebbe "to better"
"to increase", penso (non ho la certezza), può essere utilizzato anche a livello qualitativo. Ho trovato più di una volta la frase "to increase its abilities".

In ogni caso, certamente improve non è l'esempio più adatto, ma non me ne venivano in mente al momento :D

Per "mettere in gioco" intendo esporre, mostrare, dimostrare, anche mettere in pratica. E non è che viene utilizzato come secondo significato in frasi con contesti differenti, è un concetto complementare al concetto di "miglioramento". Una qualsiasi frase con il verbo "to improve" ha come piccola (e spesso celata) aggiunta del significato anche di "mettere in pratica" e non solo di "miglioramento".
 
Gkx ha scritto:
un sinonimo più appropriato sarebbe "to better"
Parlando con una madrelingua, ha detto che "to better" oltre ad essere una forma orribile, è spesso anche sbagliato come sinonimo. È di una sfumatura ancora differente da improve.
 

ArkerLucario

Passante
Per l'appunto. I sinonimi per esprimere un unico concetto sono svariati, eppure ha ciuascuno la sua sfumatura, questo è forse il bello della lingua inglese.
 

Gkx

Admin
ArkerLucario ha scritto:
"to increase", penso (non ho la certezza), può essere utilizzato anche a livello qualitativo. Ho trovato più di una volta la frase "to increase its abilities".
...che (non conosco il contesto) può voler benissimo dire "aumentare le sue abilità", non "migliorare".  il motivo per cui "increase" e "improve" non sono sinonimi è semplicemente il fatto che non sempre aumentare significa migliorare.

ArkerLucario ha scritto:
Per "mettere in gioco" intendo esporre, mostrare, dimostrare, anche mettere in pratica. E non è che viene utilizzato come secondo significato in frasi con contesti differenti, è un concetto complementare al concetto di "miglioramento". Una qualsiasi frase con il verbo "to improve" ha come piccola (e spesso celata) aggiunta del significato anche di "mettere in pratica" e non solo di "miglioramento".
boh, non mi sembra, o forse non ho capito cosa intendi.  riesci a farmi un esempio?

Umbreon_91 ha scritto:
Parlando con una madrelingua, ha detto che "to better" oltre ad essere una forma orribile, è spesso anche sbagliato come sinonimo. È di una sfumatura ancora differente da improve.
ah, che sia orribile non ci piove, ma probabilmente è la forma più vicina a "improve", se proprio dobbiamo trovarne una.

ArkerLucario ha scritto:
Per l'appunto. I sinonimi per esprimere un unico concetto sono svariati, eppure ha ciuascuno la sua sfumatura, questo è forse il bello della lingua inglese.
e di qualsiasi lingua moderna, direi..
 

ArkerLucario

Passante
Mi spiego. Spesso trovo il verbo"to improve" con il termine "skills". Ma "to improve its skills", ad esempio, vuol dire certamente "migliorare", ma anche "dimostrare" contemporaneamente. E' sicuramente una pignoleria esagerata, però ha anche questa sfumatura. Diciamo che forse il modo più pignolo di tradurre "to improve" è "migliorare/perfezionare per dimostrare/provare". Un po' come mettersi alla prova, ma secondo me è scorretto.
 
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Larm

ArkerLucario ha scritto:
Mi spiego. Spesso trovo il verbo"to improve" con il termine "skills". Ma "to improve its skills", ad esempio, vuol dire certamente "migliorare", ma anche "dimostrare" contemporaneamente. E' sicuramente una pignoleria esagerata, però ha anche questa sfumatura. Diciamo che forse il modo più pignolo di tradurre "to improve" è "migliorare/perfezionare per dimostrare/provare". Un po' come mettersi alla prova, ma secondo me è scorretto.
Stai confondendo to improve con to prove (dimostrare, provare). Dimostrare le proprie capacità è « to prove its skills ».

(Questo è un altro problema dell'approccio « auditivo-passivo » non supportato da una pratica : si comprende la familiarità etimologica e semantica dei termini, ma si rischia di perderne il significato preciso.)

Come sinonimi di to improve ci sono anche to enhance (che però ha più che altro il significato di « aggiungere qualcosa ») o to ameliorate (meno frequente, derivato dal francese améliorer).

to better mi sembra davvero desueto, al massimo to make better.

La relativa ricchezza della lingua inglese è data semplicemente dal fatto che l'isola britannica è stata conquistata storicamente da più o meno tutti i grandi popoli dell'area europea (Celti, Romani, Francesi e popoli germanici) e ha conservato in seguito nel proprio lessico e nella propria grammatica le tracce di tutti questi passaggi. La varietà lessicale però si è pagata con una semplificazione grammaticale enorme, che priva la lingua della possibilità di costruire periodi articolati e che, al prezzo della semplicità e del pragmatismo, le fa perdere molto del suo potere di riflessione.

E' bene in genere non farsi fascinare troppo da una lingua in particolare. Ogni lingua ha il suo perché di esistere e ha le sue qualità specifiche che la distinguono dalle altre lingue, non mi pare il caso di mitizzarne una piuttosto che un'altra. Oltre al fatto che la fascinazione è di solito l'attitudine tipica di una persona che la lingua straniera la conosce poco e l'ha praticata ancora meno, e che per questo motivo si mette ad ammirare le parole come oggetti magici e enigmatici piuttosto che comprenderle nel loro uso reale.
 
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ArkerLucario

Passante
Bè no, "to improve" e "to prove" li so distinguere bene, anche a orecchio. Sono sicuro che il verbo "to improve" ha una sfumatura aggiuntiva al semplice "migliorare/perfezionare".

Certamente l'inglese non lo rendo mitico, semplicemente ogni lingua straniera mi attira. Cerco di scoprire quali sono i pregi e i difetti di qualsiasi lingua e amo scavare nel significato delle parole grazie alla lettura di testi letterari della tradizione di un determinato paese.

Bè, le uniche invasioni decisive della Gran Bretagna sono state quelle dei celti, degli anglo-sassoni e dei romani. Le altre sono state assolutamente lievi e secondo hanno influenzato ben poco la lingua.

E' però apprezzabile la varietà di etnie, usi e culture tutte concentrate a Londra (ad esempio).
 
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Larm

ArkerLucario ha scritto:
Bè no, "to improve" e "to prove" li so distinguere bene, anche a orecchio. Sono sicuro che il verbo "to improve" ha una sfumatura aggiuntiva al semplice "migliorare/perfezionare".
Mi dispiace, ma in tutti gli esempi che hai dato sopra per le sfumature di « to improve » il verbo « to prove » ci calzava a pennello. Capita di confondersi con termini derivanti dalla stessa radice ; l'uso linguistico in ogni caso dissipa ogni dubbio.

La sola intuizione giusta che hai avuto è che il verbo to prove è all'origine del verbo to improve, ma se si è prodotta una distinzione era proprio perché to prove e to improve corrispondono a due tipi di attività diversa : la prima di mostrarsi valoroso (probus, prode) di fronte a qualcun altro, la seconda di rendere valoroso qualcosa, senza la presenza necessaria dell'altro. « to prove something » suppone sempre almeno un'altra persona di fronte a cui provare la cosa, mentre « to improve something » è una semplice azione di un soggetto su di un oggetto senza che un secondo soggetto sia messo direttamente in causa.

ArkerLucario ha scritto:
Certamente l'inglese non lo rendo mitico, semplicemente ogni lingua straniera mi attira. Cerco di scoprire quali sono i pregi e i difetti di qualsiasi lingua e amo scavare nel significato delle parole grazie alla lettura di testi letterari della tradizione di un determinato paese.
I testi letterari sono però spesso una lingua rielaborata che non ha molto a che fare con la lingua quotidiana. Direi che i giornali e le altre risorse di informazione non artistiche siano una fonte indispensabile se si vuole apprendere la lingua di ogni giorno senza avere la possibilità di spostarsi nel paese dove questa è parlata (cosa che comunque bisogna pensare a fare un giorno se si vuole avere una competenza un po' seria).

ArkerLucario ha scritto:
Bè, le uniche invasioni decisive della Gran Bretagna sono state quelle dei celti, degli anglo-sassoni e dei romani. Le altre sono state assolutamente lievi e secondo hanno influenzato ben poco la lingua.
L'invasione normanna di Guglielmo il Conquistatore è stata tutt'altro che lieve, visto che si tratta del primo elemento di fondazione dell'Inghilterra moderna. La lingua inglese conta più di 20 000 termini derivati dal francese e dalle lingue d'oïl (quasi tutti quelli con il suffisso -age ad esempio) ; queste ultime costituiscono ancora oggi la risorsa lessicale principale dell'inglese come ben mostrato dall'articolo di Wikipedia.

ArkerLucario ha scritto:
E' però apprezzabile la varietà di etnie, usi e culture tutte concentrate a Londra (ad esempio).
Come in qualsiasi metropoli del mondo intero, direi (vedi Parigi, Berlino, New York ecc).
 
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