~Malù
Passante
Io sono dell'idea che un nome dovrebbe rappresentare quello che la persona è, in qualsiasi momento e indipendentemente da quello che gli è successo e da quello che gli succederà. Le persone, infondo, si identificano nel proprio nome: sanno chi sono e lo sanno anche le persone che le stanno vicine. Insomma, il nome è come "il riassunto" della persona. Chiamare il proprio figlio Ventiquattro è riduttivo: il tuo figlio non è solo un ventiquattrenne o un mussulmano, è molto di più.E non è neanche Francesco in quanto è italiano e non francese. Come la mettiamo?
PS: Forse non hai capito, ma l'identità di ciò che è può essere anche metaforica. Se a ventiquattro anni Pinco Pallino ha un'epifania e diventa musulmano dare il nome Ventiquattro rappresenterebbe ciò che il figlio è, e cioè qualcosa di importante quanto un'epifania. E' proprio (soprattutto) perché un figlio è qualcosa di importantissimo e lo si potrebbe voler paragonare a qualcosa di eccezionale (magari della propria vita) che io ci tengo a dare nomi molto insoliti. Magari non è per questo che mi viene il nervoso ma è per questo che per me sarebbe un problema.
Ovviamente valorizzare la persona dandogli un nome che si riferisce a un evento importante è ben gradito, basta che sia un nome da persona.
Seguendo questa filosofia non sono molto d'accordo neanche con il cambiare il proprio nome e cognome all'anagrafe perché, per me, sarebbe come indossare una maschera. Una persona si chiama in un certo modo, e chiamarla con un altro nome è come chiamare un'altra persona.