Ho riaperto il caro DOC contenente tutti gli appunti, e anche questo capitolo. L'ho letto, non mi è più piaciuto e l'ho riscritto. Sempre mantentendo intatta la trama [o con qualche piccola modifica].
Beh, ragazzi, con questo capitolo [un capitolo più calmo e tranquillo, giusto per riscaldarvi] riapre ufficialmente la fic.
Buona lettura.
Capitolo 4: Il Potere è una divinità
Ero comodamente seduto sulla mia poltrona, sorseggiando un caffè e fissando i vari monitor. Era già oltre un’ora che la battaglia era iniziata. E c’erano già stati due morti. A quanto pare, non era nessuno dei due. Però… mi venne un dubbio. Forse in qualcuno si era già risvegliato… era meglio controllare.
<Uhm...Heresy, vieni qua...> ordinai.
Avanzando lentamente, un giovane con i capelli ricci e gli occhi azzurri arrivò da me. Il suo fare era calmo, e il suo sguardo spento, perso nel vuoto. Sembrava quasi un automa. Ma io sapevo benissimo che non era così… ammetto che era alquanto irritante che io dovessi servirmi di lui in questo modo… ma d’altronde, era l’unico sistema che avevo per tenermelo vicino, e averlo sempre sott’occhio.
<Cosa le serve, Master?> mi chiese, con il suo solito tono di voce spento e privo di emozioni.
<Preparami sul monitor una analisi completa del bioritmo dei partecipanti> gli ordinai io.
<Subito, Master.> e detto questo, si sedette alla stazione di controllo, e pigiando velocemente centinaia di tasti, fece comparire ai monitor una serie di punti oscillanti. Ecco, proprio quello che mi serviva. Il bioritmo dei partecipanti. Tre di questi punti non andavano su e giù, ma erano immobili sull’asse delle ascisse, tracciando nel grafico una linea retta. Erano quelli di Mella, di Lele e di Raziel.
<Il bioritmo di Mella, Lele e Raziel è sceso a zero. Mella è sicuramente morto. Gli altri due probabilmente hanno fatto la stessa fine. Oppure dormono, ma è alquanto improbabile.> mi disse lui, come se non l’avessi capito da solo.
<Si, questo lo so già. Sono morti.> risposi, quasi seccato. <In quanto agli altri? Qualcuno ha superato l’ampiezza critica?>
<… no, nessuno per ora ha superato l’ampiezza critica, Master.> rispose il giovane.
Osservai bene il grafico: tutti gli altri punti erano più o meno alla stessa altezza, ma nessuno aveva ancora sorpassato la linea rossa. Iniziai a pensare ad alta voce: <… Strano, molto strano. Era già partito il gioco, e i tre avrebbero già dovuto scoprire… no, forse non necessariamente. E’ partito solo da poco più di un’ora, e forse non hanno ancora ingaggiato un combattimento serio, e quindi non si sono ancora resi conto… di…>
<Se posso intromettermi, Master…> interruppe il giovane <… capisce anche lei che per liberare tutto il loro potenziale devono trovarsi in serio pericolo di vita. Potrebbe essere che ancora non abbiano avuto il fucile puntato alla tempia, o magari potrebbero anche essersi aggregati con altri ragazzi, creando un gruppo che tenta la fuga, o anche solo la sopravvivenza nell’isola. Ed essendo “protetti” in questo modo, è alquanto improbabile che possano trovarsi in pericolo di vita da soli>.
<Già… già. Se non sono da soli, potrebbero confidare nella squadra, e sottovalutare loro stessi… mentre invece è proprio nell’autoconvinzione di essere nel pericolo più mortale che confidiamo… Qualche idea, Heresy?>
<Non saprei, Master. Effettivamente, servirebbe semplicemente qualcosa che li mettesse più a rischio mortale, senza però effettivamente ucciderli> riflettè lui.
Qualcosa che li metta più a rischio mortale… ma certo… la risposta era sotto mano… gli “Eliminator”…
<Uhm... ho una idea. Liberiamo gli Eliminator, e lasciamo che siano loro a trovare quei tre.> proclamai solennemente.
<… Master, lei sa che questo vuol dire… che per tutti gli altri sarà una strage, nel vero senso della parola?> obiettò timidamente il giovane. Beh, tutto sommato era vero.
<Si, sarà così. Ma ricorda il mio obiettivo. Gli altri non contano nulla.> conclusi.
<Certo, Master… ma… vorrei ricordarle che è molto più semplice se lascia che siano loro ad uccidersi a vicenda. Lo so, potrebbe richiedere più tempo… ma se liberassimo gli Eliminator ora che i ragazzi non sanno nemmeno la loro potenza… potrebbero rimanere uccisi> spiegò saggiamente il giovane. Ora che mi ci faceva pensare… aveva ragione. Liberandoli, avrei messo sì a rischio la loro vita, ma sarebbe stato un rischio ancora troppo grande per loro.
<… Non ci avevo pensato, hai ragione.> confermai. <Allora non ci resta che aspettare, e sperare che vada tutto secondo i piani.>
<Giusto, non ci resta che aspettare…> ripetè lui.
Mi alzai in piedi: <Heresy, lasciami solo. Puoi ritirarti nelle tue stanze.> ordinai.
<Ai suoi ordini, Master> rispose ancora una volta, e si diresse verso l’uscita della stanza.
Io mi sedetti al pannello di comando, e tornai a controllare i bioritmi: erano sempre tutti uguali. L’unico leggermente più in alto degli altri era quello di Wolf, ma ciò non significava nulla, la differenza tra il suo e quello degli altri era minima.
<Chissà… chi saranno… i tre ragazzi… chissà.>
* * *
<Yawn… buongiorno Sara!>
<Grazie sorellina!
>
<Sai che ieri a scuola Marco stava preparando un disegno bellissimo, ma poi gli si è rotta la matita?>
<Oh, peccato… non avrà finito il suo disegno…>
<Ma dopo gli ho dato la mia matita! Quindi l’ha finito!>
<Ma… non ne stavi facendo uno anche tu di disegno? Non ti è dispiaciuto non doverlo fare per dare a lui la tua matita?>
<Un po’… ma alla fine era così felice! E io sono felice quando gli altri sono felici!>
<Ma daiiii! X°D Sei troppo buona, sorellina!>
<Non si è mai troppo buoni, sorellona!
> concluse mia sorella. Aveva davvero un bel sorriso stampato in faccia… il suo solito sorriso da bambina gioiosa. La mia sorellina è sempre stata così… anche se ha solo sei anni, è una bambina molto ingenua e infantile… ma è buona, tanto buona… ha un cuore d’oro e una generosità immensa. Ogni tanto mi piacerebbe essere di più come lei, e meno come me. Lei ha molta più sicurezza di sé, e non ha mai paura di fare quello che crede, se pensa che sia giusto. Io, al contrario… non sono così…
<… hai ragione, sorellina! Non si è mai troppo buoni!>
<Ehi, Sara, è la prima volta che lo dici! Da te ancora non l’avevo sentito!>
<E’ colpa tua, sorellina, che sto sempre troppo tempo con te! Adesso per punizione ti faccio una bella lavata di capo! Ah ah!>
<No, dai… no! Ma cos… No, il solletico nooo! Ahahah!>
<E stai ferma, dai ^__^ Ti devo fare il solletico adesso, perché tra poco parto per andare ad un raduno, e fino a stasera non torno!>
<Un raduno? L’incontro che mi dicevi con i tuoi amici di quel sito?>
<Non è un sito! E’ un forum, un F-O-R-U-M!>
<Vabè, tanto è la stessa cosa!>
<Tornerò stasera tardi, quindi tu fai la brava intanto, e non fare impazzire la mamma, ok?>
<Va bene… ma tu promettimi che quando torni andiamo a prendere un gelato insieme!>
<Ok, sorellina. Promesso!>
<Sei la sorellona più sorellona del mondo!>
<Kotoko… kotoko!> disse piano Serena.
Tornai in me. Ero ancora seduta, appoggiata con la schiena alla parete della grotta. Serena era in ginocchio davanti a me. Il suo sguardo era abbastanza preoccupato.
<Kotoko… stai bene? Sembravi pensierosa!> mi chiese lei.
<Si… sto bene. Stavo solo ripensando… niente, niente, sto bene.> risposi, senza però essere propriamente convinta di quello che dicessi. Avevo promesso a mia sorella che saremmo andate a prendere un gelato, e invece…
<… sorellina…> mi sfuggii.
<… ah, capisco. Ti manca la tua famiglia.> disse Serena. Aveva ragione, mi mancava la mia famiglia. Mia mamma, il mio Papà… e anche mia sorella. Chissà cosa stavano facendo ora… sicuramente avranno già chiamato la polizia… ma non può nulla.
<… chissà come stanno i nostri genitori… è già un giorno che non ricevono nostre notizie… i miei saranno angosciatissimi. Già l’idea di lasciarmi andare per una giornata per andare al raduno non gli piaceva molto… e ora che non torniamo… non so…> sospirò Serena. E poco dopo averlo detto, iniziarono a lacrimarle gli occhi.
<Su… dai, non piangere Serena… troveremo il modo per andarcene, vedrai!> cercai di consolarla, ma lei mi abbracciò e si mise a piangere sul mio petto. Io allora la strinsi a me, e le sussurrai <Se senti che piangere ti farà sfogare e sentire meglio, fallo pure. Non ti fermerò…>.
La grotta era molto lunga, ma anche molto buia. Noi ci eravamo appostate poco dopo l’ingresso, in modo da non essere viste dalla gente che passava. Avevamo paura, e avevamo deciso di stare insieme, fino alla fuga o fino alla morte.
<… hai paura di non tornare più?> le chiesi.
<Si! Io ho paura… di morire…> e riprese a piangere.
<Non dei avere paura, Serena. Non sarai sola… se moriremo, moriremo in due! Ci sono anche io!> le dissi, ma a quanto pare non era quello che la preoccupava. O almeno, non solo.
<… Perché qualche ora fa hai risposto così rudemente a Lorbel?> chiesi, sicura di aver fatto centro.
Lei alzò lo sguardo di nuovo, e io continuai <Secondo me non ce n’era bisogno… e forse ci avrebbe anche aiutato!>
<NO! Ci avrebbe uccise di sicuro! Siamo… nemici ora!> mi disse, quasi urlando.
<… credimi, lui non avrebbe mai fatto qualcosa de… UN MOMENTO> mi interruppi.
Avevo chiaramente udito dei passi. Anche Serena sembrò essersene accorta. Rimanemmo immobili dove eravamo, dato che dall’ingresso era impossibile vederci. Ma se qualcuno fosse entrato…
TuTum… TuTum… il mio cuore iniziò a battere all’impazzata… cercai con lo sguardo il mio equipaggiamento: l’avevo appoggiato fuori dalla portata. TuTum… TuTum… anche Serena aveva lo sguardo molto angosciato. Per non fare rumore, chiusi gli occhi, e quasi trattenemmo il respiro. Ma era tutto inutile, chiunque era passato ormai era già entrato. Questione di pochi secondi e ci avrebbe visto…
<Ti prego… vattene… ti prego… vattene…> sussurrai a me stessa, stringendomi forte a Serena.
All’improvviso i passi si fermarono. Aprii gli occhi, e vidi un ragazzo di media statura di fronte a me. Nell’oscurità non riuscii ancora a riconoscerlo dal viso. Portava una tracolla con una mitragliatrice, e la teneva ben salda con una mano, mentre l’altra era appoggiata ad un fianco.
<Toh… guarda un po’ chi si vede!> disse, quasi con fare scherzoso.
[Continua...]