Chi di voi ha provato la solitudine?

Dormiveglia

Zoidberg
Volevo dire che, avendo trovato delle amicizie così speciali, mi dispiacerebbe perderle. Ma fidati, i momenti di solitudine li ho avuti anche io. Per esempio, nel passaggio da elementari a medie e da medie a superiori. In entrambi i casi, sono finita in delle classi in cui non conoscevo assolutamente nessuno, e questa cosa mi ha fatto molto soffrire i primi periodi. Poi, però, quasi senza neanche accorgermene, ho stretto rapporti che mi hanno aiutata a sopportare i 3 anni di medie e mi stanno aiutando a concludere i 5 di liceo. Più che a stare sola ho imparato a cavarmela in ambienti relativamente ostili, ma non per questo morirei se dovesse capitare di rimanere sola. Dal canto mio, credo di aver trovato un giusto compromesso.
No, per l'amor del cielo, ci mancherebbe che tu morissi rimanendo da sola, sarebbe un grosso controsenso.. etc etc, cose come "il rimanere è una particolare forma di essere" e quant'altro. Sono tutte molto noiose le cose da dire, la solitudine non è nè chiara, nè così lunga, in un certo qual modo è molto affine al vuoto. Vedi, i tuoi "primi periodi" durano più di un giorno e più di un'ora; sono compatti, sai dove iniziano e dove finiscono.

C'era uno scrittore che diceva  che il paradiso è il luogo possibile di un qualsiasi attimo nella storia, l'infinita intensità di un momento. Che è un modo per spiegarsi l'eterno che volta le spalle.

Ecco, io credo, in fin dei conti che la solitudine sia un unico attimo, ma un attimo che si ripete tutti i giorni, quindi il "sempre". In molti si sentono soli, e sentirsi soli non è la malattia mortale: ha i suoi cinque giorni, il suo certificato medico e la sua cura. Capire di essere soli è la malattia mortale, che è un singolo momento in cui si avverte una distanza dal mondo tale da durare per sempre: è un risveglio.

Poi ci sono molti altri falsi allarmi..com'era? Sapere di essere soli, dire di essere soli (con queste premesse il medico vi rimanda a casa, o vi lascia a casa. Gioite signori! Il medico è con voi nel vostro letto!)

Conta solo questo, se si è di quelli più sotto la coperta o sotto terra. Se ci si sente soli o se si è capito di essere soli.

Solitamente dopo il compromesso, 4 giorni e ti dimettono. ;)

E allora...perchè lo fai? (è una curiosità, non fraintendermi
Perchè sono una imbecille
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Anche lui era un imbecille. (ma Pavese è morto)

Traversare una strada per scappare di casa

lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira

tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo

e non scappa di casa.

Ci sono d’estate

pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese

sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge

per un viale d’inutili piante, si ferma.

Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?

Solamente girarle, le piazze e le strade

sono vuote. Bisogna fermare una donna

e parlarle e deciderla a vivere insieme.

Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte

c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi

e racconta i progetti di tutta la vita.

Non è certo attendendo nella piazza deserta

che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade

si sofferma ogni tanto. Se fossero in due,

anche andando per strada, la casa sarebbe

dove c’è quella donna e varrebbe la pena.

Nella notte la piazza ritorna deserta

e quest’uomo, che passa, non vede le case

tra le inutili luci, non leva più gli occhi:

sente solo il selciato, che han fatto altri uomini

dalle mani indurite, come sono le sue.

Non è giusto restare sulla piazza deserta.

Ci sarà certamente quella donna per strada

che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa
 

Connacht

:.::
Vi svelo un segreto: non esiste affatto che lì fuori ci siano solo "gruppetti che vanno a fumare, bere e poi andare a troie sull'autostrada" per cui di conseguenza ci si ritrovi automaticamente soli per non mischiarsi a coloro che si reputa gentaglia.

Potreste benissimo trovare il vostro posto in cui stare e sviluppare liberamente la vostra personalità senza scendere a compromessi di natura sgradevole. Avete solo bisogno di trovare forza in voi per affrontare il mondo.

E di spegnere il computer.
 

DDX

Great!
Mod
Pure a me non piace il calcio, ma dei buoni amici li ho lo stesso.

Nella vita non esiste solo il calcio, e non credo che i tuoi amici siano così superficiali, avranno sicuramente altri interessi che puoi condividere con loro.  ;)
 
L

Larm

Dormiveglia ha scritto:
Pensare fa male, fa diventare più grandi e più infelici.
E' quello che pensano anche certi politici, motivo per cui i media che controllano sono riempiti dalle partite di calcio e dai culi delle veline.

In ogni caso prima o poi tutti affrontano la solitudine nella vita. Quelli che la vivono prima e fino in fondo si sono già tolti il peso, gli altri continueranno a cazzeggiare ritardando in modo indefinito il momento dell'angoscia.

E' anche vero però che ci sono persone che sanno vivere da sole più facilmente di altre. Per le ragazze ad esempio mi pare in genere molto più comprensivo che non riescano a stare da sole rispetto ai ragazzi. Alla fine ci ricreiamo comunque nuovi contatti e nuove amicizie dopo la solitudine, oppure ritroviamo le stesse amicizie di una volta, ma sotto un nuovo aspetto. In breve, non è la prossimità immediata di una persona che fa un'amicizia ; i veri amici si possono separare anche per anni e anni, ma quando si ritrovano è esattamente come se non si fossero mai lasciati.

Affrontare la prova della solitudine mi sembra salutare per chiunque almeno una volta nella vita. Il tempo giusto di comprendere quello che vale davvero in essa.
 

MC5

n00b ante litteram
Larm ha scritto:
E' quello che pensano anche certi politici, motivo per cui i media che controllano sono riempiti dalle partite di calcio e dai culi delle veline.
In realtà mi sembra una frase molto verosimile e condivisibile.

Ciò non vuol dire che non bisogna pensare, è necessario per crescere.

Si diventa più infelici facendolo? beh è mediamente vero, non a caso si dice che l'infanzia sia l'età più felice.

Dal momento che molto spesso si tende a preferire la felicità alla crescita, i media cavalcano quest'onda coi risultati suddetti.
 
L

Larm

MC5 ha scritto:
In realtà mi sembra una frase molto verosimile e condivisibile.

Ciò non vuol dire che non bisogna pensare, è necessario per crescere.

Si diventa più infelici facendolo? beh è mediamente vero, non a caso si dice che l'infanzia sia l'età più felice.

Dal momento che molto spesso si tende a preferire la felicità alla crescita, i media cavalcano quest'onda coi risultati suddetti.
Il pensiero è la soluzione dei problemi, non ne è la causa. Quando riesci a pensare significa che sei già sulla strada di poter risolvere da solo le tue questioni (che si presentano nella vita indipendentemente da quanto ci rifletti).

Svagarsi è un modo per rimandare all'infinito il momento di riflessione sui tuoi problemi, e con esso la possibilità della loro soluzione. Non c'è felicità nello svago, c'è solo un disperato tentativo di evadere la realtà. E' solo un placebo.
 

MC5

n00b ante litteram
Larm ha scritto:
Il pensiero è la soluzione dei problemi, non ne è la causa. Quando riesci a pensare significa che sei già sulla strada di poter risolvere da solo le tue questioni (che si presentano nella vita indipendentemente da quanto ci rifletti).
Risolvendo le questioni le capisci. E ti rendi conto che la vita non è una favola. Questo in genere rattrista una persona.

Larm ha scritto:
Svagarsi è un modo per rimandare all'infinito il momento di riflessione sui tuoi problemi, e con esso la possibilità della loro soluzione. Non c'è felicità nello svago, c'è solo un disperato tentativo di evadere la realtà. E' solo un placebo.
Esatto, il placebo in se ti fa provare sollievo. L'errore sta nel continuare a prenderlo.

Ma su questo credo che siamo d'accordo.
 
L

Larm

MC5 ha scritto:
Risolvendo le questioni le capisci. E ti rendi conto che la vita non è una favola. Questo in genere rattrista una persona.
La tristezza è solo il risultato della disproporzione tra l'idea del problema da affrontare e l'idea dei mezzi che hai per risolverlo. Sei triste perché ti rappresenti un problema come praticamente irrisolvibile nello stato di cose in cui ti trovi, o meglio quando ti dici che il problema è assolutemente impossibile da risolvere e ciò nonostante lo senti ancora come qualcosa che devi risolvere (perché se lo considerassi davvero irrisolvibile smetteresti anche di cercare di risolverlo, dunque di preoccupartene).

Esempio : sono triste perché la mia ragazza è partita in viaggio all'estero e so di non poterla vedere più per lungo tempo. All'inizio mi faccio divorare dal sentimento della sua mancanza e sto male. Poi mi rendo conto che partire all'estero non significa non sentirsi più del tutto : di fatto, ci possiamo sentire comunque per telefono o via mail ; ciò mi fa capire che il legame resta vivo anche con la distanza, e quindi la mia tristezza è già quasi del tutto sparita. Con il tempo comincio poi a pensare che in effetti lei starà via solo 5 o 6 mesi e dopo ritornerà qui con me ; una volta concepito questo, non solo non sarò più triste, ma potrò occupare gioiosamente la mia vita con un gran numero di progetti di cose da fare con lei quando ritornerà in patria.

Qualsiasi tipo di tristezza è in fondo un certo sentimento di essere senza via d'uscita : basta che vengano presentate alla persona triste una o più soluzioni realmente possibili ed ecco che la sofferenza si stempera. Nel migliore dei casi (e quello più normale forse), la persona imparerà anche a cercare da sola nel futuro le vie d'uscita ai suoi problemi.

Poi certo, si può concepire che una persona che affronta per la prima volta nella sua vita un vero problema si senta spaesata, disorientata e angosciata, perché abituata a far lavorare l'immaginazione a pieno ritmo e non a riflettere ; ma appena comincia ad applicare la sua immaginazione agli oggetti concreti della realtà si rende piano piano conto che i problemi sono tutti risolvibili se gli si dà loro il tempo necessario per essere attuati. La pazienza è in fondo la lezione principale di ciò che costituisce la maturità.

MC5 ha scritto:
Esatto, il placebo in se ti fa provare sollievo. L'errore sta nel continuare a prenderlo.Ma su questo credo che siamo d'accordo.
Sì. O meglio, l'errore è prendere sistematicamente il placebo al posto del problema e della sua soluzione. Le buone medicine sono (o erano) spesso molto amare, ma il benessere risultante era duraturo.

Probabilmente il meglio che si potrebbe concepire è una medicina-placebo, che in fondo è più o meno il modo in cui si presentano la maggior parte dei farmaci comuni al giorno d'oggi. Ma credo che tale alchimia non sia spesso una cosa facile.
 

MC5

n00b ante litteram
Larm ha scritto:
La tristezza è solo il risultato della disproporzione tra l'idea del problema da affrontare e l'idea dei mezzi che hai per risolverlo. Sei triste perché ti rappresenti un problema come praticamente irrisolvibile nello stato di cose in cui ti trovi, o meglio quando ti dici che il problema è assolutemente impossibile da risolvere e ciò nonostante lo senti ancora come qualcosa che devi risolvere (perché se lo considerassi davvero irrisolvibile smetteresti anche di cercare di risolverlo, dunque di preoccupartene).

Esempio : sono triste perché la mia ragazza è partita in viaggio all'estero e so di non poterla vedere più per lungo tempo. All'inizio mi faccio divorare dal sentimento della sua mancanza e sto male. Poi mi rendo conto che partire all'estero non significa non sentirsi più del tutto : di fatto, ci possiamo sentire comunque per telefono o via mail ; ciò mi fa capire che il legame resta vivo anche con la distanza, e quindi la mia tristezza è già quasi del tutto sparita. Con il tempo comincio poi a pensare che in effetti lei starà via solo 5 o 6 mesi e dopo ritornerà qui con me ; una volta concepito questo, non solo non sarò più triste, ma potrò occupare gioiosamente la mia vita con un gran numero di progetti di cose da fare con lei quando ritornerà in patria.

Qualsiasi tipo di tristezza è in fondo un certo sentimento di essere senza via d'uscita : basta che vengano presentate alla persona triste una o più soluzioni realmente possibili ed ecco che la sofferenza si stempera. Nel migliore dei casi (e quello più normale forse), la persona imparerà anche a cercare da sola nel futuro le vie d'uscita ai suoi problemi.

Poi certo, si può concepire che una persona che affronta per la prima volta nella sua vita un vero problema si senta spaesata, disorientata e angosciata, perché abituata a far lavorare l'immaginazione a pieno ritmo e non a riflettere ; ma appena comincia ad applicare la sua immaginazione agli oggetti concreti della realtà si rende piano piano conto che i problemi sono tutti risolvibili se gli si dà loro il tempo necessario per essere attuati. La pazienza è in fondo la lezione principale di ciò che costituisce la maturità.
Non ci avevo pensato, tutto sommato è vero.

Rimane il fatto che se pensare non voglia dire diventare tristi, comunque ci rende meno spensierati.

Il che è anche una tautologia. Ma tant'è.
 

liuton2005

sono qui solo di passaggio
TM85 ha scritto:
I problemi di salute derivano dalle situazioni di stress emotivo e periodi di depressione.

E gli amici centrano poco. Puoi anche sentirti solo in mezzo a centinaia di amici oppure mai sentirti solo in mezzo alla natura, senza persone intorno a te per chilometri.

Vorrei solo che le persone capissero quello che stanno facendo e perché. Io sono l'uomo dei "perché". Come un ragazzino che è piccolo e chiede sempre "perché". Ecco! Prova a fare la stessa cosa da grande.

Le persone non sono sole e NON ESISTE la solitudine. Sono soltanto considerazioni, emozioni e frutto del cervello umano.
 

itachi93

Passante
Per molte persone (e spero anche per te) è un periodo momentaneo, mentre ci sono persone che vivono con la solitudine ed il dolore perché non hanno forza o voglia di andare avanti, e perché chi sa stare da solo non è mai solo. Per alcune persone stare sole è preferibile alla compagnia, c'è chi preferisce l'eloquente silenzio a degli amici che ti riempiano le giornate, e questo semplicemente perché la gente di cui parlo non riesce mai ad essere felice, per troppe aspirazioni o perché la sua indole ne condiziona la vita. Lo so perché io sono così, sono solo quasi sempre, ma per me la cosa non è problematica perché stare da solo mi piace (sì, è così). Mi rendo comunque conto che vivere nella condizione che non ci piace, specialmente a 15 anni, è noioso e triste, ma abbi fiducia, perché prima di quanto pensi arriveranno dei veri amici in grado di accettarti per quello che sei, per i tuoi pregi, difetti, interessi diversi, e loro sì che ti permetteranno di entrare a far parte della loro "cricca" fregandosene di certi tuoi difetti che vengono ampiamente coperti dai tuoi pregi, nonché dalla  loro mancanza di superficialità.
 
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