MC5 ha scritto:
Anche perchè (leghisti a parte) io non ho mai sentito nessuno dire che l'italia gli fa schifo.
o meglio l'ho sentito dire più volte, ma era riferito al sistema che la governa. Provate a chiedere agli italiani costretti ad emigrare se siano contenti o no di farlo.
Questo perché, sostanzialmente, il sentimento italiano ha subito un rafforzamento potentissimo solo negli ultimi anni. Internet ha fatto fare un progresso davvero spaventoso alla formazione di una nostra cultura comune (non per niente uno dei punti di Veltroni, che così scemo forse non è, è l'ampliamento delle reti wireless).
D'altra parte, resta molto, molto
italiano lamentarsi di continuo del proprio governo senza pensare a fare nulla per la propria nazione. Il nostro lamentarsi è ancora solo un parlottare tra di noi di quanto il sistema fa schifo, raramente una proposta seria per l'alternativa al sistema. Questo vale per il muratore come per il politico, è proprio una cosa del nostro genoma.
Il fatto di essere governati da un branco di cialtroni non c'entra con il senso della patria.
cx, non è questione di "essere governati da un branco di cialtroni". I cialtroni li abbiamo eletti noi. E' una scusa stupida dire che li hanno votati "gli altri". Se siamo italiani lo siamo tutti insieme, nord, centro, sud o isole che siano.
Ora, questi "cialtroni" non solo ci hanno governato per decenni, ma ricevono ancora una marea di consensi. Perché, se siamo così italiani e così dannatamente uniti e felici, una persona come Berlusconi che mira palesemente contro agli interessi degli italiani, costruisce leggi che possono andare bene per lui e per la sua congrega di amichetti imprenditori, ha ancora una larghissima possibilità di vincere le elezioni ad occhi chiusi? Se questa Italia è così unita nelle sue decisioni e nella comprensione di ciò di cui ha bisogno, perché le elezioni si concludono con dei ridicoli pareggi o scarti di pochissimi voti tra le due fazioni?
Ora, per il mio precedente lavoro ho avuto contatti con italiani di praticamente ogni punto della penisola e delle isole maggiori o minori; ti posso garantire che, nonostante parlassimo la stessa lingua, in molti casi tra me e i clienti c'era un senso di estraneità quasi come se venissimo da due pianeti differenti. Ma questo non solo tra me e un napoletano, per dire, ma anche tra me e un milanese o un romano. Ci sono molti luoghi d'Italia dove le culture, per via della scarsità di mezzi di comunicazione con l'esterno, sono rimaste per forza chiuse alla traspirazione e all'integrazione con il tessuto nazionale; e d'altra parte, ci sono molti luoghi tanto fieri di essere all'avanguardia nella tecnologia e nella civilizzazione da rifiutare il contatto con i luoghi dove questo non è ancora avvenuto. (D'altra parte, negli stessi luoghi delle suddette "comunità chiuse" a volte ho trovato esempi di umanità e comprensione che sarebbero da prendere come modello esemplare a livello nazionale, ma è un altro discorso).
Dobbiamo prendere atto di essere ancora divisi, di derivare da un ambiente pluriculturale dalle tradizioni radicalmente diverse e che hanno comunicato davvero poco tra di loro, perché altrimenti resteremo sempre allo stesso punto di partenza. Non siamo né una gloriosa patria unita sotto la propria bandiera contro il mondo, né un luogo fatto da imbecilli, ma una nazione ancora per molta parte da farsi.
Avere senso della patria vuol forse dire prendere le armi ogni qual volta viene varata una legge o un decreto discutibili? Il problema nostro è che mancano le alternative e si cerca di scegliere chi appare essere di volta in volta il meno peggio.
Questa è una concezione obsoleta della patria, sostenuta al massimo da una certa destra (che comunque ha un suo limitatissimo perché). Una patria è innanzitutto avere coscienza di appartenere ad una cultura comune (
se si appartiene ad una cultura comune e
in che modo lo si appartiene), poi fare in modo che questa cultura possa evolversi in collaborazione con tutti gli altri.
Potrà essere meno forte di una volta e non in tutti, ma il senso della patria c'è.
"Non in tutti" non è abbastanza per un senso di patria. Per adesso la nazione è ancora qualcosa che ha bisogno di tempo per formarsi, in futuro forse - se davvero ci penseremo italiani - potremo guardarla in un altro modo.