BlazePower
Abbi fiducia, Shelgon, e guarda ancora il cielo
Buongiorno / pomeriggio / sera / notte a tutti
^^ Eccovi la grande storia del Giro d'Italia di Dylan, il lungo viaggio che un ragazzino milanese deve compiere per riuscire a diventare, un giorno, un bravo Allenatore di Pokémon. Buona lettura!Il Giro d'Italia di Dylan
^^ Eccovi la grande storia del Giro d'Italia di Dylan, il lungo viaggio che un ragazzino milanese deve compiere per riuscire a diventare, un giorno, un bravo Allenatore di Pokémon. Buona lettura!Il Giro d'Italia di Dylan
Capitolo 1: La partenza
Stavo volando. Su un Charizard, un magnifico esemplare di Charizard. Un dragone maestoso, grande, imponente, bellissimo, superbo, con un aspetto fiero stampato sul volto e una fiamma lucente sulla punta della coda. Rimanevo estasiato, steso a pancia in giù sulla morbida pelle del mio Pokémon, di un vivido colore arancione. E volavo, volavo felice, ancora più in alto del sole, perdendomi nell'immensità del cielo, con il vento che mi sferzava la faccia e mi scompigliava i capelli, facendomi sentire parte integrante di quel mare di vento, come se fossi fatto di pura aria. E Charizard condivideva le mie stesse emozioni, si beava di viaggiare in quello spazio astrale che non finiva mai, sentendosi leggero e pieno di gioia, di una gioia mai vista prima...
Improvvisamente una candida nuvola apparve davanti a noi. E il dragone vi si immerse, e io mi sentii ancora più estasiato, circondato da una candida sensazione di freschezza, mentre davanti vedevo solo bianco su bianco...
"SVEGLIAAAAA!!!"
Dylan sobbalzò e aprì gli occhi di scatto, con un tuffo al cuore.
"Alzati, idiota! È la quarta volta che ti chiamo! Va' a fare colazione prima di fare ritardo dalla Professoressa Stud!" Urlò la voce di prima.
"Si, mamm..." Biascicò Dylan, con fare assonnato.
"Ti aspetto in cucina. Vedi di muoverti o i Pokémon migliori se li prenderanno gli altri. Ti ricordo che non sei l'unico aspirante allenatore qui!"
"Si, si, vengo..." rispose, allontanando da sé le coperte del suo letto.
Dylan si alzò, pensando ancora al suo sogno. Un sogno fantastico dove volava su un Charizard. Era davvero realistico, ma purtroppo per il ragazzo si trattava soltanto di una visione notturna, anche se sperava ardentemente di poterlo realizzare un giorno o l'altro. "Che diamine, però, c'era bisogno di svegliarmi in quel modo? Era un sogno così bello..." pensò Dylan, seccato.
Ma Laily, la mamma, aveva i suoi buoni motivi per farlo tornare così brutalmente con i piedi per terra. Da qualche giorno, infatti, la Professoressa Stud, uno dei maggiori studiosi Pokémon dell'Italia, era tornata con una sfilza di nuovi mostriciattoli appena catturati. Queste creature misteriose erano state catturate durante l'ultimo viaggio della professoressa affinché quella mattina venissero distribuite ai ragazzi di Milano che, per la prima volta, aspiravano a diventare degli Allenatori di Pokémon. Tutti i bambini, una volta superata la scuola per allenatori, a dieci anni ricevevano in dono il loro primo Pokémon e con esso partivano per l'Italia allo scopo di sconfiggere i migliori allenatori del Paese, i Capipalestra, per poi puntare ancora più in alto e battere la Lega Pokémon, ottenendo così il titolo di Campioni. Dylan, ovviamente, non faceva eccezione, tuttavia aveva deciso di continuare a frequentare la scuola per allenatori per altri due anni, in modo da approfondire ancora di più le sue conoscenze sui Pokémon. Così quel giorno, dopo dodici lunghi anni di attesa, Dylan era finalmente pronto per intraprendere il suo cammino da Allenatore.
Dylan si mise davanti allo specchio che aveva in camera sua per ultimare i preparativi del grande giorno. Lo specchio riflesse un ragazzino di statura media, né magro né robusto, dai capelli scuri appena tagliati, con una maglietta rossa, un paio di jeans azzurri sbiaditi, un gilet blu scuro, scarpe da ginnastica, orologio analogico. "Ci siamo!" Si disse Dylan, emozionato, prendendo il suo zaino da viaggio. Non vedeva l'ora di partire per la sua avventura.
Stavo volando. Su un Charizard, un magnifico esemplare di Charizard. Un dragone maestoso, grande, imponente, bellissimo, superbo, con un aspetto fiero stampato sul volto e una fiamma lucente sulla punta della coda. Rimanevo estasiato, steso a pancia in giù sulla morbida pelle del mio Pokémon, di un vivido colore arancione. E volavo, volavo felice, ancora più in alto del sole, perdendomi nell'immensità del cielo, con il vento che mi sferzava la faccia e mi scompigliava i capelli, facendomi sentire parte integrante di quel mare di vento, come se fossi fatto di pura aria. E Charizard condivideva le mie stesse emozioni, si beava di viaggiare in quello spazio astrale che non finiva mai, sentendosi leggero e pieno di gioia, di una gioia mai vista prima...
Improvvisamente una candida nuvola apparve davanti a noi. E il dragone vi si immerse, e io mi sentii ancora più estasiato, circondato da una candida sensazione di freschezza, mentre davanti vedevo solo bianco su bianco...
"SVEGLIAAAAA!!!"
Dylan sobbalzò e aprì gli occhi di scatto, con un tuffo al cuore.
"Alzati, idiota! È la quarta volta che ti chiamo! Va' a fare colazione prima di fare ritardo dalla Professoressa Stud!" Urlò la voce di prima.
"Si, mamm..." Biascicò Dylan, con fare assonnato.
"Ti aspetto in cucina. Vedi di muoverti o i Pokémon migliori se li prenderanno gli altri. Ti ricordo che non sei l'unico aspirante allenatore qui!"
"Si, si, vengo..." rispose, allontanando da sé le coperte del suo letto.
Dylan si alzò, pensando ancora al suo sogno. Un sogno fantastico dove volava su un Charizard. Era davvero realistico, ma purtroppo per il ragazzo si trattava soltanto di una visione notturna, anche se sperava ardentemente di poterlo realizzare un giorno o l'altro. "Che diamine, però, c'era bisogno di svegliarmi in quel modo? Era un sogno così bello..." pensò Dylan, seccato.
Ma Laily, la mamma, aveva i suoi buoni motivi per farlo tornare così brutalmente con i piedi per terra. Da qualche giorno, infatti, la Professoressa Stud, uno dei maggiori studiosi Pokémon dell'Italia, era tornata con una sfilza di nuovi mostriciattoli appena catturati. Queste creature misteriose erano state catturate durante l'ultimo viaggio della professoressa affinché quella mattina venissero distribuite ai ragazzi di Milano che, per la prima volta, aspiravano a diventare degli Allenatori di Pokémon. Tutti i bambini, una volta superata la scuola per allenatori, a dieci anni ricevevano in dono il loro primo Pokémon e con esso partivano per l'Italia allo scopo di sconfiggere i migliori allenatori del Paese, i Capipalestra, per poi puntare ancora più in alto e battere la Lega Pokémon, ottenendo così il titolo di Campioni. Dylan, ovviamente, non faceva eccezione, tuttavia aveva deciso di continuare a frequentare la scuola per allenatori per altri due anni, in modo da approfondire ancora di più le sue conoscenze sui Pokémon. Così quel giorno, dopo dodici lunghi anni di attesa, Dylan era finalmente pronto per intraprendere il suo cammino da Allenatore.
Dylan si mise davanti allo specchio che aveva in camera sua per ultimare i preparativi del grande giorno. Lo specchio riflesse un ragazzino di statura media, né magro né robusto, dai capelli scuri appena tagliati, con una maglietta rossa, un paio di jeans azzurri sbiaditi, un gilet blu scuro, scarpe da ginnastica, orologio analogico. "Ci siamo!" Si disse Dylan, emozionato, prendendo il suo zaino da viaggio. Non vedeva l'ora di partire per la sua avventura.
"Ciao mamma, ciao papà! Vado!" Esclamò il ragazzo avvicinandosi alla porta di casa.
"Ehi, aspetta!" rispose Laily, andando incontro al figlio insieme al marito, Frank. "Parti via per un viaggio lunghissimo senza sapere né se né quando tornerai e ci saluti così?"
"Emh... scusate" fece Dylan, imbarazzato.
"Lasciati abbracciare, amore" disse la mamma, stringendolo a sé "Oh, finalmente anche tu parti con i Pokémon! È meraviglioso! Mi sembra di tornare bambina!"
"Buon viaggio e buona fortuna, Dylan. Goditi la tua esperienza! Sono sicuro che ce la farai!" augurò Frank con orgoglio, battendogli una mano sulla spalla
"Oh, è bellissimo! Dylan, tesoro, stai attento! Non parlare con gli sconosciuti. Non farti mettere i piedi in testa dagli allenatori più grandi, dimostra loro chi sei! Non buttare via subito tutti i soldi che hai, spendili con saggezza. Tratta bene i tuoi Pokémon e considerali amici, non schiavi come fa certa gente. E, mi raccomando..." incalzò Laily, interrotta dal marito, che continuò: "Beh, le solite raccomandazioni le sai. Ora vai altrimenti si fa tardi."
"Emh, si. Vado. A presto! Tornerò a salutarvi qualche volta!" concluse Dylan, abbracciando i suoi genitori per poi uscire di casa.
La giornata era splendida. Il tiepido sole primaverile infondeva un calmo tepore nel cuore della gente, quel giorno, quasi come se stesse invitando anche i grandi a seguire i bambini, imbracciare gli zaini e partire per la loro avventura. Salutando per l'ultima volta i suoi genitori, Dylan si avviò per la città di Milano in cerca del laboratorio Stud. L'aria era fresca ma la città era così affollata, quel giorno, che le macchine strombazzavano da tutte le parti, in pieno contrasto con la poetica tranquillità del giorno. Dopo un quarto d'ora di cammino, Dylan scorse il laboratorio. Era un edificio alto e largo come un negozio e pieno di vetri, tuttavia quella mattina era riconoscibile non tanto per l'aspetto ma per la folla di bambini eccitati e impazienti ammucchiati all'ingresso. "Oh, no! Devo sbrigarmi prima che mi freghino il Pokémon!" Pensò Dylan, correndo in mezzo alla folla, cercando una qualche scusa per avanzare in quella calca. Era incredibile vedere tutta quella gente in attesa davanti all'edificio che parlava, gridava, sgomitava e si alzava in punta di piedi per vedere cosa succedeva. Incredibile per due motivi: uno, il laboratorio era aperto da meno di cinque minuti; due, quei ragazzi che facevano a gara per entrare per primi erano gli stessi che durante i giorni di scuola entravano in classe con almeno dieci minuti di ritardo inventandosi le scuse più banali per giustificare la loro mancata puntualità. Eppure eccoli lì, tutti i ritardatari delle scuole, puntualissimi come un orologio, piazzati davanti al laboratorio in attesa di avere il loro animaletto.
Il tempo passava e Dylan era sempre più agitato perché non voleva perdere il suo Pokémon preferito per uno stupidissimo minuto di ritardo. Erano anni che sognava di possedere un Charmander e ora che ne aveva la possibilità non poteva sopportare l'idea che uno dei ragazzini davanti a lui potesse essere l'acquirente dell'ultimo Charmander disponibile del laboratorio. Quella specie di Pokémon era rarissima e non tutti potevano permettersela. Finalmente, mentre la massa di bambini davanti a lui diminuiva a poco a poco, ecco che venne il suo turno e, con un misto di impazienza, eccitazione e timidezza, Dylan entrò nel laboratorio.
L'interno era un locale tutto bianco con diversi macchinari e computer. Era composto da una stanza grande centrale circondata da altre camere più piccole, ma al momento sembrava che tutto il personale lavorasse nella sala principale, chi ad analizzare qualcosa, chi a sistemare oggetti, chi a scrivere, chi a fare altro. La Professoressa Stud, seduta davanti ad un tavolo al centro della stanza, vedendo un nuovo ragazzino dentro il suo ufficio, sorrise e gli andò incontro, esclamando: "Benvenuto, ragazzo! Questo è il mio laboratorio. Mi presento: sono Bookie Stud, dirigente di questo laboratorio di ricerca per Pokémon nel quale io e i miei assistenti ci occupiamo di studiare i Pokémon di questo mondo!"
"Emh... Salve, Professoressa. Sono Dylan Fortress ed è la prima volta che entro qui. Sono venuto per ricevere il mio primo Pokémon e..." iniziò Dylan, arrossendo.
"Tranquillo, non c'è bisogno di essere così agitati" disse la professoressa, incoraggiandolo. "Vieni, ti faccio vedere i Pokémon che ci sono. Scegli pure con comodo." continuò, mentre accompagnava il ragazzo verso il tavolo al quale era seduta prima. Sul tavolo erano posizionate tante sfere diverse, bianche e rosse, ognuna sopra un foglio di carta che conteneva le informazioni sui Pokémon contenuti in esse. Dylan guardò meravigliato il tavolo pieno di capsule cercando tra di esse quella che conteneva il suo Pokémon preferito, sperando ardentemente che non sia stato già scelto.
"Avanti, scegli la tua Pokéball!" lo esortò la professoressa "Scegli con saggezza, una volta preso un Pokémon qui non potrai tornarlo indietro!"
"Si, si... Ecco!" esclamò Dylan, prendendo in mano una delle Pokéball in prima fila. Il foglio sotto di essa aveva l'illustrazione di una piccola salamandra tozza di colore arancione con la pancia gialla e gli occhi grandi. "Charmander, eh?" disse la signora "È molto raro. Viene chiamato Pokémon Lucertola ed è di tipo Fuoco. Sicuro che vuoi averlo con te?"
"Si!" rispose Dylan senza esitazione.
"Bene. Sei pronto? Ricordati che i Pokémon non sono giocattoli. Hanno una loro vita e una loro mente e allevarli comporta una grande responsabilità per l'Allenatore. Sei pronto per assumerti questo dovere?"
"... si." rispose nuovamente Dylan, dopo una breve riflessione.
"D'accordo. È tuo. Tieni!"
"...G-Grazie. Grazie davvero!" ringraziò Dylan, con gli occhi lucidi per la felicità.
"Non devi ringraziarmi! Vedi di trattarlo bene, però. È schivo per natura. E poi mi ci è voluta una giornata intera per catturarlo, non fartelo scappare!" Concluse la professoressa.
"V-Va bene... Grazie ancora..." disse il giovane, allontanandosi.
"Ehi, non vorrai mica andartene senza questi!" risprese la signora Stud
"Eh? Ah, si... è vero..."
"Tieni, tutti gli allenatori ce li hanno. Queste cinque sfere Poké sono indispensabili. E tieniti anche il Pokédex!"
"Oh... grazie... wow!" esclamò il ragazzo, sorpreso. Aveva per le mani un Pokédex, una specie di computer che funzionava da enciclopedia Pokémon portatile. Bastava digitare il Pokémon desiderato o puntare l'aggeggio contro di esso e subito il Pokédex forniva moltissime informazioni utili sul Pokémon selezionato. Un allenatore non poteva pensare di andare oltre casa sua senza uno strumento del genere e Dylan si stupì di essere stato così emozionato da dimenticarselo. Così, profondendosi in ringraziamenti e saluti, il ragazzo, diventato ormai un allenatore ufficiale, uscì dal laboratorio, pronto per iniziare la sua grande avventura.
Che ne pensate? La continuo?
Per continuare, però, mi servirebbe che tutti voi mi trovaste più sinonimi possibili dei verbi usati mentre si dialoga, dato che non posso ripetere sempre "disse", "disse", "rispose", "disse", "rispose", "disse", "rispose", "rispose" XD
Grazie dell'attenzione. Commentate in tanti, anche in negativo
^^
^^
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