Asgananawey
Passante
Salve ragazzi. Posto questa bozza di una storia che sto scrivendo nel tempo libero all'università, spero vi piaccia
John Parker era un ragazzo di 21 anni con una sfrenata passione per le corse. Fin da piccolo ammirava in televisione le gesta dei piloti e gli piaceva vedere la moto che sfrecciavano a velocità impressionante giù per le curve.
<< Un giorno sfreccerò anche io su quelle moto! >> si diceva tra se e se mentre osservava, giro dopo giro, tutte le gare motociclistiche che la televisione gli offriva a quel tempo.
Quel giorno arrivò all’età di 9 anni quando suo padre, Edward Parker, gli regalò la sua prima mini moto da 50 centimetri cubici di cilindrata. John era entusiasta del regalo ricevuto, al contrario della madre Cindy la quale detestava ogni genere di motocicletta e il motivo non era di certo banale: da giovane anche lei aveva avuto una moto ma, un disgraziato mercoledì, ebbe un incidente in cui si ruppe un femore e fu dopo il ricovero in ospedale che la sua passione per le moto svanì.
Suo marito però la passione l’aveva, eccome se l’aveva. Da giovane si dilettava anche lui con le motociclette e arrivò in alto: aveva vinto per tre anni di fila il campionato del mondo di motociclismo, chiudendo la propria carriera da imbattuto. Con le sue 79 vittorie era tuttora il pilota più vittorioso nella storia.
John fu tenuto all’oscuro della carriera del padre fino all’età di 12 anni, quando partecipò alla sua prima corsa ufficiale. Rimase stranito quel giorno nel vedere come la gente si approcciava al padre, per lui era solo “papà” e non un 3 volte campione mondiale e vedere tutta quella gente fermare il padre per farsi firmare gli autografi era per lui una cosa inusuale e scioccante.
Con il tempo John ci fece l’abitudine e venne etichettato immediatamente come “il figlio prodigio” dato che, nelle sue prime apparizioni ufficiali, vinse con notevole facilità. Ben presto si ritrovò a partecipare alle manifestazioni importanti: dalle gare nazionali passò a quelle internazionali, dove vinse senza alcuna difficoltà il titolo per ben 4 volte di fila. Era sicuramente nata una stella.
L’enorme talento di John derivato sia dal padre ma anche dalla sua grandissima forza di volontà lo portò a imboccare la strada del professionismo a soli 17 anni. Scelta coraggiosa ma che diventò quasi obbligatoria, dato che le spese economiche per permettergli di correre erano diventate quasi insostenibili per la famiglia. Fu così che firmò il contratto per correre nel campionato mondiale in sella alla Suzuki nel 1988 ma quella la stagione non andò bene: nelle 15 gare disputate John ne terminò solo otto, le rimanenti si ritirò a causa di vari problemi tecnici. La favola del “figlio prodigio” sembrava già essersi estinta e il morale sia di John che del padre era a terra. L’anno successivo John corse per un team con moto Yamaha e le cose andarono molto meglio: vinse tre gare e in altre sette finì sul podio, concludendo in terza posizione il campionato mondiale.
La svolta totale avvenne all’età di 19 anni quando John, sempre in sella alla Yamaha, vinse il campionato del mondo nel 1989. La gioia che provò in quel momento era indescrivibile; finalmente tutti i suoi sogni si erano avverati e gli scheletri nell’armadio non c’erano più. La stella era ritornata. L’anno successivo bissò il titolo sempre in sella alla Yamaha e ora i titoli mondiali erano due a soli vent’anni.
Il 1991 era l’anno decisivo per John, nel quale doveva dimostrarsi all’altezza del padre eguagliandone il numero di titoli vinti. Per quella stagione ci fu un cambio radicale nel mezzo, infatti da un motore due tempi si passò ad uno quattro tempi il che voleva dire maggiore potenza ma minore affidabilità. La stagione fu costellata da alti e bassi ma John arrivò all’ultima gara in testa alla classifica con soli 4 punti di vantaggio su Matt Moss, il suo compagno di squadra.
La mattina della corsa la sveglia suonò alle otto e dopo un briefing iniziale con i propri meccanici, John decise di usare degli pneumatici da asciutto. Il turno di qualificazione andò bene e John ottenne il terzo tempo, avendo così accesso alla prima fila. La tensione salì con il passare delle ore e arrivò alle stelle quando era ormai giunta l’ora di prepararsi per la gara. L’ultima gara.
John si mise la sua tuta blu e salì in sella alla sua Yamaha quattro tempi.
<< Ricordati di scaldare bene le gomme durante il giro di ricognizione >> disse il suo meccanico
<< Ok non ti preoccupare >>
<< AH OVVIAMENTE BUONA FORTUNA! >> gli urlò il meccanico dato che il motore era già acceso. Questo fu l’ultimo incoraggiamento che John ricevette prima della partenza. Aveva il terzo tempo e partiva da una buona posizione, per cui non aveva nulla di cui preoccuparsi. Doveva solo cercare di fare una buona partenza e imporre il suo ritmo senza strafare.
Tre, due, uno. PARTITI.
John partì bene e si trovò intorno alla quarta posizione alla prima curva. Quel giro finì pulito e John passò davanti ai box in quarta posizione e fu contento di leggere la segnalazione “Moss out” che il meccanico gli segnalò dal muretto. Gli restavano altri 11 giri da compiere e poi si sarebbe laureato campione del mondo per la terza volta di seguito, proprio come il padre.
Ma….
To be continued….

CAPITOLO 1
Una gara indimenticabile
Una gara indimenticabile
John Parker era un ragazzo di 21 anni con una sfrenata passione per le corse. Fin da piccolo ammirava in televisione le gesta dei piloti e gli piaceva vedere la moto che sfrecciavano a velocità impressionante giù per le curve.
<< Un giorno sfreccerò anche io su quelle moto! >> si diceva tra se e se mentre osservava, giro dopo giro, tutte le gare motociclistiche che la televisione gli offriva a quel tempo.
Quel giorno arrivò all’età di 9 anni quando suo padre, Edward Parker, gli regalò la sua prima mini moto da 50 centimetri cubici di cilindrata. John era entusiasta del regalo ricevuto, al contrario della madre Cindy la quale detestava ogni genere di motocicletta e il motivo non era di certo banale: da giovane anche lei aveva avuto una moto ma, un disgraziato mercoledì, ebbe un incidente in cui si ruppe un femore e fu dopo il ricovero in ospedale che la sua passione per le moto svanì.
Suo marito però la passione l’aveva, eccome se l’aveva. Da giovane si dilettava anche lui con le motociclette e arrivò in alto: aveva vinto per tre anni di fila il campionato del mondo di motociclismo, chiudendo la propria carriera da imbattuto. Con le sue 79 vittorie era tuttora il pilota più vittorioso nella storia.
John fu tenuto all’oscuro della carriera del padre fino all’età di 12 anni, quando partecipò alla sua prima corsa ufficiale. Rimase stranito quel giorno nel vedere come la gente si approcciava al padre, per lui era solo “papà” e non un 3 volte campione mondiale e vedere tutta quella gente fermare il padre per farsi firmare gli autografi era per lui una cosa inusuale e scioccante.
Con il tempo John ci fece l’abitudine e venne etichettato immediatamente come “il figlio prodigio” dato che, nelle sue prime apparizioni ufficiali, vinse con notevole facilità. Ben presto si ritrovò a partecipare alle manifestazioni importanti: dalle gare nazionali passò a quelle internazionali, dove vinse senza alcuna difficoltà il titolo per ben 4 volte di fila. Era sicuramente nata una stella.
L’enorme talento di John derivato sia dal padre ma anche dalla sua grandissima forza di volontà lo portò a imboccare la strada del professionismo a soli 17 anni. Scelta coraggiosa ma che diventò quasi obbligatoria, dato che le spese economiche per permettergli di correre erano diventate quasi insostenibili per la famiglia. Fu così che firmò il contratto per correre nel campionato mondiale in sella alla Suzuki nel 1988 ma quella la stagione non andò bene: nelle 15 gare disputate John ne terminò solo otto, le rimanenti si ritirò a causa di vari problemi tecnici. La favola del “figlio prodigio” sembrava già essersi estinta e il morale sia di John che del padre era a terra. L’anno successivo John corse per un team con moto Yamaha e le cose andarono molto meglio: vinse tre gare e in altre sette finì sul podio, concludendo in terza posizione il campionato mondiale.
La svolta totale avvenne all’età di 19 anni quando John, sempre in sella alla Yamaha, vinse il campionato del mondo nel 1989. La gioia che provò in quel momento era indescrivibile; finalmente tutti i suoi sogni si erano avverati e gli scheletri nell’armadio non c’erano più. La stella era ritornata. L’anno successivo bissò il titolo sempre in sella alla Yamaha e ora i titoli mondiali erano due a soli vent’anni.
Il 1991 era l’anno decisivo per John, nel quale doveva dimostrarsi all’altezza del padre eguagliandone il numero di titoli vinti. Per quella stagione ci fu un cambio radicale nel mezzo, infatti da un motore due tempi si passò ad uno quattro tempi il che voleva dire maggiore potenza ma minore affidabilità. La stagione fu costellata da alti e bassi ma John arrivò all’ultima gara in testa alla classifica con soli 4 punti di vantaggio su Matt Moss, il suo compagno di squadra.
La mattina della corsa la sveglia suonò alle otto e dopo un briefing iniziale con i propri meccanici, John decise di usare degli pneumatici da asciutto. Il turno di qualificazione andò bene e John ottenne il terzo tempo, avendo così accesso alla prima fila. La tensione salì con il passare delle ore e arrivò alle stelle quando era ormai giunta l’ora di prepararsi per la gara. L’ultima gara.
John si mise la sua tuta blu e salì in sella alla sua Yamaha quattro tempi.
<< Ricordati di scaldare bene le gomme durante il giro di ricognizione >> disse il suo meccanico
<< Ok non ti preoccupare >>
<< AH OVVIAMENTE BUONA FORTUNA! >> gli urlò il meccanico dato che il motore era già acceso. Questo fu l’ultimo incoraggiamento che John ricevette prima della partenza. Aveva il terzo tempo e partiva da una buona posizione, per cui non aveva nulla di cui preoccuparsi. Doveva solo cercare di fare una buona partenza e imporre il suo ritmo senza strafare.
Tre, due, uno. PARTITI.
John partì bene e si trovò intorno alla quarta posizione alla prima curva. Quel giro finì pulito e John passò davanti ai box in quarta posizione e fu contento di leggere la segnalazione “Moss out” che il meccanico gli segnalò dal muretto. Gli restavano altri 11 giri da compiere e poi si sarebbe laureato campione del mondo per la terza volta di seguito, proprio come il padre.
Ma….
To be continued….