I Cavalieri Neri

~Nigeris.

Parroco
I Cavalieri Neri

Introduzione



Carne da macello sotto le grinfie di una tigre. Ecco cosa era divenuto in quella gloriosa giornata, al termine di quella gloriosa battaglia, davanti a quella gloriosa fine. Le lacrime scorrevano, scorrevano veloci, brillanti sotto le prima luci dell’alba. Un uomo, quasi interamente ricoperto da una lucente armatura nera le quali aperture erano solo quelle per gli occhi e quelle per facilitare i movimenti, tirata a lucido, si apprestava a cogliere da terra una spada molto grande, lunga circa un metro e mezzo, solida e robusta. Presa la pericolosa arma, si avvicinò minacciosamente a me, che ero inerme al suo cospetto. Anche se con difficoltà, potei cogliere una vena di fatica quando quest’uomo sollevò al cielo l’arma gridando imprecazioni irrepetibili. Un colpo solo, solo quello, e io sarei rimasto tagliato in due, su quell’arido terreno. Un altro sforzo, anche se lieve, e il guerriero scagliò la spada con tutte le forze rimaste contro il mio povero corpo, già ridotto male, pieno di lividi e ferite, anche gravi. Un’ultima imprecazione, un grido di libertà, più forte di quanto potessi immaginarmi e….

Sono David Taster, un diciassettenne, prossimo ai diciotto. Sono bassino, magro slanciato e agile. I muscoli non mi mancano, soprattutto per il lavoro che svolgo in campagna con i miei nonni. Ho dei capelli molto corti, neri come il carbone, e degli occhi scuri, la quale iride è difficilmente distinguibile dalla pupilla. Ma, a seconda del mio stato d’animo, tendono a schiarirsi e divenire marroni come la corteccia di una quercia centenaria.  Il mio carattere non è dei migliori, quasi certamente de peggiori, ma io sono dell’idea che non posso cambiare per piacere agli altri, ma sono gli altri a doversi abituare a me. Sono chiuso, timido, rispettoso, tranquillo, carismatico, scuro, solitario,  a volte egoista, poco ironico e raramente solare, non sorrido quasi mai e odio stare in mezzo a numerosi gruppi di persone. Sono orfano di padre e di madre da quando avevo un anno e mezzo. I miei nonni, fortunatamente ancora giovani per esserlo, hanno avuto la forza di crescermi. Fortunatamente sin da piccolo ho appreso la situazione e mi sono dato da fare per poter aiutare in ogni cosa i miei nonni.

Un giorno un uomo dalla nera corazza venne, distruggendo, bruciando ogni cosa e, peggio di tutto il resto, uccidendo ogni singolo abitante del mio villaggio. Io riuscì a sopravvivere solamente perché i miei nonni mi protessero nascondendomi, a costo della loro stessa vita. Finito il crudele sterminio della popolazione e dei suoi averi, cominciò a gridare una profezia, della quale riuscì a cogliere solamente alcuni versi:

Spada in mano

E cuore in gola

Noi Cavalieri

Scendiamo in Campo

Lode a Racks!

Lode a Racks!



Finito lo sterminio

Determinato il dominio

Deporremmo le armi

Regnando incontrastati

Lode a Racks!

Lode a Racks!



Un brivido di paura mi percorse la schiena, mentre, sempre nascosto, osservavo in silenzio il “cavaliere” che prendeva a calci i cadaveri della povera gente uccisa. Prendeva i loro soldi e i loro beni, borbottando parole incomprensibili. Rallentando il passo, l’uomo di fermò di fronte al puerile corpo di un giovane, miracolosamente vivo. Si chinò, strappandogli di dosso una collana. Aguzzando la vista riuscì a vedere che conteneva la foto di una bellissima donna. Pensai che fosse una sua parente. Il cavaliere strinse così forte il gioiello da sbriciolarlo in miseri pezzettini, e, dopo una maligna e duratura risata, guardò l’abbattuto e rabbioso volto del ragazzo. Prese la spada e gli taglio di netto la testa, uccidendolo definitivamente. Adesso il corpo diventava sempre più bianco, ed dalla metà del collo rimasta attaccata al corpo uscivano sostanziose quantità di sangue. Mi venne da rimettere, ma riuscì a trattenermi consapevole del rischio che correvo. Allontanatosi di diverse centinaia di metri il detestabile uomo, in groppa al suo oscuro destriero, cercai di calmarmi, ma il dolore della morte dei miei poveri nonni, della mia vita quindi, si tramutò in un fiume di lacrime, che imperlarono il viso. Cominciai a riflettere, chiedendomi chi mai avrebbe potuto fare queste orripilanti cose. Ma soprattutto, chi fosse Racks. Poi, un’oscura e tenebrosa figura si avvicinò, farfugliando qualcosa, appoggiandomi una mano sulla spalla. Io non ebbi il tempo di vederla in faccia che, in preda allo spavento, svenni. Prima di cadere a terra un ultima lacrima mi scivolò fuori dal viso, fino a infrangersi nel freddo pavimento. Poi tutto divenne buio. Buio.

Sentite..questa fic l'ho fatta l'anno scorso..l'ho perfezionata ma nn è il massimo...da quello ke dite sceglierò se postarvi gli altri capitoli o meno^^"
 

Aquila 1

Amico
Bella narrazione, ottima argomentazione e coinvolgimento del lettore, per dare un voto definitivo dovrei aspettare minimo un'altro capitolo, ma per ora direi 7/10.
 

~Nigeris.

Parroco
L’inizio di un avventura



Mi risvegliai in una radura. Era notte fonda, e un fuocherello ardeva accanto a me, alleviando l’acuto freddo. Posizionandomi sul terreno, ricoperto da una soffice erba, notai che nel bel mezzo di quel magnifico luogo era stato costruito, se così si può dire, un villaggio costituito da tende. Ogni dieci metri un fuoco ardeva, a decine di persone passeggiavano. Alcuni discutevano animatamente dentro una tenda con l’ingresso aperto. Un gruppo di donne cucinava, mentre le più giovani cucivano pelli di zarech. Questi piccoli animali sono interamente costituiti di pelo, e, facilmente catturabili, sono una delle poche risorse per difendersi dai glaciali inverni di quelle catene rocciose. Vicino all’accampamento c’era un lago, molto grande, e, ipotizzai, anche molto profondo. Le acque gelide potevano intimorire molte persone, ma dei coraggiosi uomini, ricoperti da vestiti molto pesanti e ogni genere di pelliccia, vi si erano addentrati per catturare ei pesci. Di certo la situazione di quella gente non era delle migliori. All’improvviso la stessa mano che mi aveva toccato la spalla quando ero svenuto, mi tocco l’altra spalla, ma io fortunatamente non svenni. Mi girai, e guardai in volto la persona. Era un uomo di mezza età, con una barbetta in colta che prosperava nel volto. I capelli erano corti, facevano notare la sua spaziosa fronte. Gli occhi di quell’uomo erano piccoli e insidiosi, ma, se guardati con occhi tutto tranne che prevenuti, si poteva cogliere l’immensa sofferenza e tristezza che contenevano. Il naso era grosso e a patata, con un piccolo neo alla base. Con una voce molto alta e allegra, l’uomo cominciò a parlare. “Finalmente sei rinvenuto!! Quando ti ho trovato al villaggio è stato un piacere per me! Un altro sopravvissuto alla furia di quei bastardi… Comunque! Io sono Norik Frontespaziosa. Il secondo nome è un soprannome. Tutti qui hanno un soprannome. Abbiamo deciso che il tuo sarà Presadiferro, notando la muscolatura molto sviluppata. Adesso ti trovi a Drakonias, soprannominato il Villaggio dei Senzavita. Adesso, tieni, mangia” disse in modo svelto. Poi si alzo nella sua enorme statura e si incamminò verso il villaggio. Io addentai il pane che il gentile uomo mi aveva dato, sorseggiando l’acqua. Finito di rifocillarmi mi accorsi che la situazione era drastica, e sprofondai nell’oblio della solitudine. I miei nonni erano stati brutalmente uccisi davanti ai miei occhi, e adesso ero solo al mondo. Ma non mi scoraggiai. Avevo letto, sentito, visto, troppe vite rovinate da dolori troppo grandi. Ma io ero deciso a non rovinare la mia, bensì a maledire e distruggere quella che avevano ferito i miei sentimenti. Mi alzai, stiracchiandomi, e andando verso il villaggio. Non sapevo cosa fare, ma trovandomi in quella troppo strana situazione, quello che stavo facendo, cioè cercare spiegazioni, era la cosa giusta. Dopo una ventina di metri, cominciai a poter notare dei bambini che giocavano, sempre vicino ai genitori, attenti come falchi. Un cartellone sbarrava la strada. La vernice non era fresca, ma era stata applicata da pochi giorni. Vi era scritto – Benvenuti a Drakonias – mi ricordai quello che Norik mi aveva detto – la Città dei Senzavita. Entrare qua dimostra che avete visto la morte. Entrare qua significa accettare di combattere la Setta Nera, fino alla sua distruzione. Avvertitovi di questo, speriamo che le vostre perdite non siano così forti da non aiutarci, e vi porgiamo le nostre più sincere condoglianze. L’amministrazione di Drakonia.

Dopo un attimo di riflessione, chiusi gli occhi, e vidi quel povero ragazzo essere brutalmente ucciso, torturato e distrutto. Quante altre vittime, quanti altri ragazzo dovevano essere uccisi, torturati, o sottoposti alle torture mentali delle perdite familiari? Riaprì gli occhi, con una strana luce che ardeva nel mio corpo, e mi addentrai nel piccolo villaggio…

E' di dimensioni ridotte rispetto all'introduzione, ma spero che questo non interferisca con i vostri giudizi. Dato quello che avete scritto ho giudicato opportuno postare questo capitolo^^"
 

Aquila 1

Amico
Ho notato qualche errore grammaticale, quasi sicuramente dovuto a distrazione, la narrazione è addirittura migliorata e stai riuscendo a trasmettere l'enfasi dei pensieri del ragazzo, ma... per ora più di 7.5/10 non ti posso dare, i voti devono migliorare col tempo.
 
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