Da qualche parte ad Elettria, 30/06/4783, circa le 10
Houndoom si guardò intorno nella Cella Oscura. Non che ci fosse nulla da vedere. Sfruttando il suo fiuto era riuscito a trovare il cibo e l’acqua, ma dopo quello non era più riuscito a capire dove fosse. Anche perché, ormai, era caduto in così tante trappole che aveva perso del tutto l’orientamento. Inoltre, aveva anche perso il conto del tempo, quando era svenuto per colpa di una trappola, mentre prima ci era riuscito, all’incirca, basandosi sulla propria fame.
“Chissà quanto manca ancora” Si chiese “ancora un po’ e impazzirò davvero in questo inferno”. La stanchezza si faceva sentire. Ogni volta doveva attraversare la grande Cella per bere, e ogni volta veniva colpito da qualcosa. D’altra parte, se non l’avesse fatto sarebbe morto di sete.
Morse una Bacca, che dal sapore intuì essere una Baccaprugna, e in quel momento sentì un rumore simile a una porta che si apriva. Si girò, e vedendo una luce capì che effettivamente era stata la porta della Cella. Senza pensarci due volte si mise a correre verso di essa. Cadde in ben quattordici trappole, ma con la forza della disperazione riuscì comunque a raggiungere l’uscita. Era abbastanza sicuro di essersi rotto una zampa, un corno e anche qualche altro osso, ma finalmente poteva uscire.
All’uscita, trovò Blaziken, Weavile, Jolt ed il Professor Durant. I quattro lo fissarono, mentre lui si sforzava di metterli a fuoco nella luce, a cui non era più abituato. Alla fine, pur con gli occhi che lacrimavano, riuscì a riconoscerli tutti.
«Che le avevo detto professore?» Disse Weavile «La nostra presenza qui era del tutto superflua. Houndoom sa controllarsi.»
«Era meglio non rischiare. Ah, Capitano, è meglio che non si sforzi troppo. Metta questa.» Disse Durant, porgendo ad Houndoom una benda, che il pokémon indossò. Riusciva ancora a vederci, ma gli occhi non gli facevano più male.
«G-grazie.» Riuscì a dire. Faticava a parlare, dopo sette giorni trascorsi da solo.
«Ma si figuri, io sono sempre attento alla salute dei miei soggetti. Mi segua.» Disse Durant. Rivolse un cenno di saluto, poi si allontanò. Houndoom lo imitò, e Weavile rispose con un cenno di incoraggiamento, poi seguì il professore.
«Mi perdoni signore, posso chiederle che esperimenti vorrebbe svolgere?» Chiese Houndoom, cominciando con cautela a scendere la scala che stava percorrendo il professore.
«Devo testare i progressi del Progetto S nel campo del rinforzo fisico. Lei sarà il secondo del Progetto M a ricevere un rinforzo simile, ne sia compiaciuto. Inoltre, voglio provare a donarle il Fuoco Nero.»
Houndoom rischiò di mancare il gradino della scala per la sorpresa.
«I-il Fuoco Nero signore?»
«Esatto.»
«M-ma gli altri esperimenti…»
«Medicastri incompetenti. Si fidi di me, Capitano. Lei avrà il Fuoco Nero come ce l’ha sua sorella.»
«Posso chiederle di non parlare di mia sorella signore?»
«Ma certo, Capitano, mi scusi. Sbrighiamoci, non vedo l’ora di cominciare.» Rispose Durant, accelerando il passo.
Houndoom deglutì e lo seguì. D’altronde, non aveva scelta.
Electronvolt, Palazzo Reale, 30/06/4783, circa le 12
Seduto nella propria camera, osservando alcuni alambicchi gorgogliare con calma, Alakazam rifletteva tra sé chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare ora. La veglia funebre di suo padre era stata svolta tra pochi intimi, poi la salma era partita per Espia, dove l’avrebbero sepolto, insieme a tutti i re che l’avevano preceduto, nella cripta sotto il palazzo. Poi avrebbero eletto il nuovo re, e non c’era nessun altro che potessero scegliere a parte lui.
“Mi dedicherei un brindisi, se non fosse una cosa egocentrica.” Si disse Alakazam, ridendo sotto i baffi. Quella sensazione pesante al petto certo se ne sarebbe andata con il passare del tempo. E lui sarebbe stato re di Espia. Non aveva idea di cosa avrebbe voluto in cambio l’Organizzazione, probabilmente informazioni, ma lui non avrebbe avuto problemi a dargliele. Era uno scambio equo.
In quel momento sentì bussare alla porta e udì la voce di Gallade, che un attimo dopo, a una sua risposta, entrò. Il principe lo salutò con garbo, e i due si sedettero ad un piccolo tavolino, e posandovi sopra una sacca.
«Posso offrirti qualcosa da bere?» Chiese al Generale.
Quello sghignazzò «Certo, basta che lo beva prima tu. Lascia perdere, ho portato io del Succo di Baccauva. E per dimostrarti che sono in buona fede, me lo berrò prima io.» Rispose il Generale. E così dicendo stappò la bottiglia che aveva estratto dalla borsa.
«Allora, novità?» Chiese Alakazam.
«La sepoltura è conclusa. Re Alakazam X, L’Astronomo, riposa ora tra i suoi predecessori. Quindi è il momento di scegliere un successore.» Rispose Gallade, buttando giù un sorso di Baccauva per poi versarlo ad Alakazam.
«Ottimo questo Succo. Allora, non c’è nessun altro tra i candidati, vero?»
«In realtà» Rispose Gallade, spostandosi leggermente «Un altro nome c’è.»
«E chi, mio fratello? Le leggi sono chiare, il re deve essere completamente evoluto. Quindi…» disse Alakazam, ma un attimo dopo Gallade gli era saltato addosso. Una Zuffa lo centrò in piena gola, ed Alakazam si sentì mancare il fiato, mentre crollava all’indietro.
«No. Io.» Rispose Gallade, sorridendo.
Alakazam provò a rispondere, ma con suo grande stupore dalla bocca non gli uscì una sola parola. Provò a gridare, a sussurrare, a parlare, ma tutto ciò che ottenne fu un gran dolore alla gola.
«Non ti sforzare. Sai, il mio stile di lotta si basa sul danneggiare gli organi interni, e sono diventato molto preciso. In questo momento hai le corde vocali distrutte in modo irreparabile. Brutto a dirsi, ma sei ufficialmente muto.»
Alakazam mugulò, e Gallade scoppiò a ridere «Credevi davvero che ti avremmo messo sul trono? Fin dall’inizio eri solo un burattino nelle mie mani. Eri il coltello che avrebbe ucciso il re senza darmi la colpa, e al contempo il colpevole da consegnare alla giustizia.»
A quel punto, Alakazam emise un altro strano verso «Oh, forse ti chiedi cosa ne sarà di te ora. Beh, molto semplice. Questi due» disse, mentre un Mr.Mime ed un Malamar entravano «Dichiareranno che hai fatto resistenza, dopo che sono venuto ad arrestarti, in quanto sospettavo fossi tu il colpevole dell’assassinio di Re Alakazam. A quel punto, mi basterà mostrare loro i tuoi cari veleni. Credi che basteranno come prove?»
E mentre i due sollevavano di peso Alakazam e lo trascinavano via, Gallade si mise a ridere. Poi uscì e si diresse dai re. Avrebbe avuto molto da raccontargli.
“Salutate Re Gallade” si mise a pensare, camminando. E, trattenendosi sempre più dal sorridere, si mise in cammino verso la sala del Trono.
Scuola delle Trecento Arti, 30/06/4783, circa le 12
«Ehi Abra» disse Zorua, salutando il principe «Stai bene? Hai una pessima cera.»
«Non me ne parlare. Questa notte… O poco fa… Insomma, ho avuto un incubo tremendo. Era tutto nero, poi davanti a me c’era mio padre, disteso in una bara. Dal suo corpo usciva un blocco di pietra, che si dirigeva dentro di me. Una voce, e mentre il blocco mi entrava in corpo sentivo dire chiaramente “Tu sei il prossimo portatore. Il prossimo re.” Mi sono spaventato così tanto che mi sono svegliato.» Rispose il principe, e Zorua si rese conto che sudava
«Oh, non preoccuparti. Tuo padre ha una salute di ferro e non è molto vecchio, quindi non credo possa accadere qualcosa del genere ora.»
«Infatti non è quello che mi spaventa. Ho paura di essere nominato re. Io non voglio diventare re, la prospettiva mi terrorizza. Il mio sogno è divenire Bibliotecario di Corte. Libri ovunque, calma, pace, un ruolo comunque importante, e soprattutto nessun rischio che qualcuno ti faccia del male.»
«Ma perché hai così tanta paura? Non c’è niente di spaventoso nell’essere re.»
«Stai scherzando? Tutto è spaventoso nell’essere re. Il tuo paese dipende da te, dalle città ai singoli abitanti, ed un tuo errore può costare la vita a tutti loro. Inoltre ci sono le congiure. Sai quanti re sono morti nel corso della storia? Guerre, pokécidi, ribellioni, un re non è mai al sicuro. No, non ho la minima intenzione di divenire re.»
«Beh, non preoccuparti. Vedrai che non ti accadrà. In fondo, voi di Espia il vostro re lo eleggete no?»
Abra sospirò «Fortunatamente sì. Grazie Zorua, mi serviva proprio qualcuno con cui parlare. Non conosco ancora quasi nessuno dei pokémon con cui viaggio, e non mi sono ancora ambientato.»
«Non preoccuparti, vedrai che ce la farai.» Rispose Zorua, sorridendo, e si allontanò.
«Già, speriamo.» Disse tra sé e sé Abra. Poi si diresse in un’altra direzione. Nascosto in un angolo, Eelektross si guardò intorno e si allontanò “Interessante. Molto interessante.” Pensò tra sé.
Mare al largo di Volt Port, 30/06/4783, circa le 12
Mentre la bara di pietra di Empoleon cadeva in mare sotto gli sguardi dei presenti sul ponte della barca, il Re iniziò il proprio discorso.
«Oggi, un nostro compagno, un nostro amico, un nostro confidente, ci lascia per riunirsi ai suoi antenati nelle profondità del Grande Mare. Indipendentemente dalle sue scelte di vita, noi siamo qui oggi per salutarlo. Egli è morto, e né i suoi errori né i suoi meriti hanno importanza da questo momento. Egli ci lascia, per raggiungere il Regno dell’Oltremare, dove vivrà per sempre insieme a tutti coloro che hanno vissuto prima di lui e che vivranno dopo di lui. Così dissero Kyogre ed i Signori delle Acque, e così sarà.»
«Così dissero Kyogre e i Signori delle Acque, e così sarà.» Risposero i presenti, terminando il rito ufficiale.
«Empoleon» continuò il re «Ha vissuto con me a palazzo da quando riesco a ricordare. Lui e Blastoise, insieme, sono i due più grandi amici e confidenti che ebbi ai tempi, ed insieme ad Azumarill i più grandi tre che ho mai avuto. Per quanto egli abbia commesso un atto imperdonabile, è stato ripagato con uno altrettanto imperdonabile. Avrei voluto che ciò non accadesse ma è accaduto. Forse, se fossi stato un amico migliore, un re migliore, nulla di tutto ciò sarebbe avvenuto. Forse, un amico migliore avrebbe notato il suo stato d’animo. Forse, un re migliore avrebbe notato prima che il suo Generale era una spia. Ma questo non posso saperlo. Perciò ti saluto Empoleon, Settecentosessataduesimo Generale degli Affari Interni, Comandante della Seconda Flotta, Ultimo della Casata Prin, Discendente degli antichi Re. Saluto l’amico e il nemico, il Generale e la spia. Che tu possa riposare in pace, nei secoli dei secoli. Che tu possa riunirti agli antenati. E che dal Regno di Oltremare, tu abbia la forza di perdonarmi, come io ti ho perdonato qui. Un giorno ci rivedremo. Aspettami.»
Dopo il Re, Ammiragli e Vice Ammiragli espressero il proprio cordoglio, poi Kingler si fece avanti di nuovo.
«Come da tradizione che ci viene tramandata fin dai tempi più antichi, tra i quattro Vice Ammiragli ne sarà scelto uno che prenderà il posto del proprio Ammiraglio. Egli sarà il Settecentosessantatreesimo Generale degli Affari Interni, Comadante della Seconda Flotta. Chi di voi vuole farsi avanti?»
«Io.» Rispose Colst.
«Io.» Rispose Milotic.
«Io.» Rispose Polid. Frogadier fu l’unico a rimanere in silenzio.
«Ebbene, coloro che si sono fatti avanti vadano. Il primo che riuscirà a portare a me la gemma conosciuta come Goccia di Kyogre, che il vostro predecessore ha nascosto nelle profondità del Lago Interno, come fece il suo predecessore, ed il suo predecessore prima di questi, e così via per tutti i secoli, sarà nominato suo successore. Fino ad allora, il suo ruolo sarà ricoperto dal Re e dai Due Ammiragli. Così fu deciso dai fondatori della Marina, e così sarà. Andate, e che Kyogre arrida colui che ne è più meritevole.»
Kingler si chiese quanto senso avesse quell’antico rito. I tre Ammiragli possedevano ognuno un gioiello, chiamati Goccia di Kyogre, Coda di Manaphy e Nastro di Suicune, che ereditavano dal predecessore e nascondevano in un luogo conosciuto solo da loro e dal re, da qualche parte tra la miriade di grotte che costellava la parte subacquea del Lago Interno. Alla morte di un Generale i candidati dovevano immergersi nel Lago Interno e cercare la pietra, evitandone tutti i pericoli. Era avvenuto molte volte che banditi, roccie appuntite, mulinelli e correnti avessero la meglio anche su abili ed allenati aspiranti. “Uno spreco di energie e pokémon, proprio quando ne avremmo più bisogno.”
Guardando i tre Vice Ammiragli che si allontanavano, Kingler si augurò di vederli tornare tutti e tre.