Non è mai stato un mistero che Saddam Hussein fosse salito al potere spalleggiato dagli americani, in quanto, all'epoca, era l'unico possibile antagonista asiatico al neonato Iran degli Ayatollah. Nè era un mistero la provenienza di buona parte degli armamenti dell'esercito iracheno e dell'aiuto logistico fornito contro l'Iran stesso. Terminata la guerra con l'Iran si è lasciato prendere la mano da atavici desideri di egemonia nella regione del Golfo Persico, perdendo il consenso dell'occidente. L'invasione del Kuwait negli anni '90 ha segnato la sua definitiva condanna, ancora più delle migliaia di persone che ha massacrato, fino a poco tempo fa, impunemente.Larm ha scritto:Questo tuo ragionamento sarebbe valido se il passaggio dalla dittatura alla "democrazia" irachena fosse stato fatto in modo spontaneo, senza forzature da parte di altre nazioni. Il fatto è che non solo l'attuale democrazia, ma pure la dittatura di Saddam sono state incentivate o forzate dal governo americano - la dittatura fornendo le armi a Saddam per conquistare il popolo, la democrazia con la guerra in Iraq.
Diciamocelo piuttosto chiaramente: la guerra è stata semplicemente un gigantesco atto politico per pararsi il culo di fronte alla comunità internazionale. L'America ha dovuto far la guerra a Saddam solo per giustificare il fatto che ce l'avesse fatto salire lei al potere, e prima che la marea di prove le crollassero addosso - rendendola ridicola di fronte agli altri paesi da lei dominati - aveva bisogno di un movente per togliere di mezzo quella prova scomoda dei propri errori politici; ecco le armi chimiche (mai trovate), ecco la guerra.
Il discorso delle armi di distruzione di massa è stato ovviamente un (fin da subito) palese pretesto per giustificare l'invasione armata, ma non mi convince la motivazione che poni. D'altra parte non ho ancora trovato una valida spiegazione, forse l'intenzione di creare una salda roccaforte filo-occidentale nel cuore dei paesi islamici e della più importante area petrolifera del mondo.
I paesi arabi (e diversi altri sparsi per il pianeta) non sono mai stati dei virtuosi della democrazia (come la intendiamo noi), senza bisogno di tirare in ballo gli USA. Epurazioni, condanne, lapidazioni ed altro erano (e sono) all'ordine del giorno ma le notizie trapelavano (e trapelano) con il contagocce. Come pensi finiranno o siano già finiti gli studenti iraniani che poco prima di Natale hanno contestato il loro presidente?La prova che quella irachena non è e non è mai stata una democrazia sta proprio nel fatto che nemmeno quella americana è una democrazia. La pena di morte non può esistere in un paese democratico, poiché prevede implicitamente che ognuno nel popolo se ne guadagna il potere, possa decidere di uccidere chi vuole.
In linea di principio condivido buona parte di questo discorso, soprattutto sulla fine che dovrebbe fare la pena di morte. Tuttavia, nella propria nazione, si deve poter essere liberi di avere le proprie leggi. Si può invitare (più o meno forzatamente) un paese a modificare la propria legislatura, ma subordinare dei colloqui con la comunità internazionale esclusivamente all'abolizione di determinate leggi di uno stato sovrano mi sembra un ricatto bello e buono, e non tanto democratico.La pena di morte in un sistema democratico crea delle contraddizioni che lo distruggono dall'interno e alla lunga ne invalidano l'esistenza. Solo quando la pena di morte sarà espunta dalle costituzioni di tutti i paesi si potrà iniziare a ragionare a pari passo con il resto della comunità internazionale; ma se non lo fa l'America da sola in primo luogo, beh, probabilmente le conseguenze saranno molto peggiori di quanto si possa pensare.
Non riesco invece a comprendere bene il discorso delle conseguenze a cui accenni. Senza ricorrere ai disegnini di AMD, potresti spiegarti meglio?
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