Università

guggiammi

thread killer
Centro città. Sette e trenta del mattino.

" ... continuiamo la lettura dei quotidiani di oggi. Il Corriere della Sera titola "ONU, approvata la risoluzione. Italia in partenza", riferendosi alle dichiarazioni del Ministro di pochi giorni addietro secondo cui il nostro Paese avrebbe preso parte al conflitto solo in caso di... "

Pierfranco spense l'apparecchio a tentoni. Si stiracchiò sospirando nel letto. Dunque era già arrivata l'ora di alzarsi. Un altro stramaledetto lunedì, tutto per lui. Si alzò a fatica e zoppicando si diresse nell'ingresso. Sedette davanti al tavolino del telefono, buttò un occhio all'orologio. Sette e trentaquattro. Di lì a qualche secondo...

Il telefono prese a squillare alle sette e trentacinque spaccate. Pierfranco scoccò all'apparecchio uno sguardo misto di disprezzo e ironia. Sollevò la cornetta.

"Buongiorno Pierfranco, ho chiamato per assicurarmi che ti fossi svegliato" recitò sua madre sbrigativa, tutta d'un fiato.

"Sì, 'giorno anche a te mamma."

"Hai università oggi, giusto? Sbrigati, non arrivare in ritardo" continuò lei con poca attenzione, come se pensasse ad altro.

"Sì, mamma, sì. Adesso vado a prepararmi. Buona giornata."

"Sì." Sua madre lo salutò in maniera superficiale, riagganciando subito dopo. Con un gesto carico di disgusto Pierfranco rimise la cornetta al suo posto. Decise di andare in bagno e verificare in che stato versava la sua faccia.

Occhiaie, bulbi oculari arrossati, lingua impastata. Stava da schifo. Doveva rendersi se non perfetto almeno presentabile. In cucina scaldò un bollitore di caffè, se ne verso una tazza abbondante. Lo buttò giù in fretta, e subito dopo si accese una sigaretta. Pochi secondi dopo sentì l'abituale richiamo della tazza. Si chiuse nel bagno, fumando seduto sul WC. Pensò che così l'odore di fumo sarebbe ristagnato nel locale, e il padrone di casa gli aveva espressamente proibito di fumare in bagno e nelle camere da letto. "Che si fotta pure il padrone", pensò.

Dopo una doccia si sentiva decisamente meglio. Alzò le imposte ed uscì sul terrazzo in mutande. Un Sole che sembrava rincoglionito almeno quanto lui continuava a farsi scavalcare da delle anonime nubi, faceva capolino di nuovo e poi ancora si lasciava oscurare. Sospirò, pensando alla noiosissima settimana che gli si parava davanti.

Un miagolio parve destarlo dal suo stato catatonico. Da un cornicione vicino un gatto nero era balzato sul suo balcone. Era il gatto dei vicini. Veniva sempre a trovarlo, la mattina e alle volte anche nel dopocena. Pierfranco si inginocchiò per giocare con il suo vecchio amico. il gatto faceva le fusa. Pierfranco tirò fuori da una sedia una scatoletta di cibo per gatti. Il gatto, dopo aver giocato un altro po' con lui, si mise a mangiare a coda alta. Pierfranco decise che dopo aver salutato uno dei suoi pochi veri amici poteva anche vestirsi ed uscire di casa.

Centro città. Otto e due del mattino.

Pierfranco percorreva il marciapiede, sbadigliando occasionalmente. La borsa con il blocco degli appunti e i manuali gli batteva sul fianco sinistro. Intorno a lui il traffico cominciava ad accendersi, le macchine sbuffavano impotenti e gli automobilisti erano ancora troppo stanchi e poco motivati per mettersi a litigare. Schivò una grossa cacca di cane, poi si appoggiò al solito lampione, in attesa. Otto e sette... sarebbe arrivato da un momento all'altro.

Giovanni, come ogni mattina, spuntò fuori dal solito vicolo. Mani in tasca, occhiali da sole, capo basso.

"Salve. Teso?"

Giovanni si mise una sigaretta in bocca. "No."

"Stanco, allora?"

Giovanni scosse la testa mentre cercava l'accendino. Pierfranco fece scattare il suo. Dopo un lungo tiro Giovanni riprese a parlare.

"No, non propriamente. Non mi da noia, dormire tre ore. Te?"

"Al solito. Non me ne importa niente. Oggi ho tre corsi. Due in mattinata e uno nel pomeriggio. Te quando hai l'esame?"

"Tra un paio d'ore, all'incirca. Non ricordo bene che numero sono nella lista."

"Cos'è, non ti sei portato niente per ripassare?"

"Ho il libretto, le sigarette e le chiavi di casa. Tutto il resto..." si battè l'indice due volte, velocemente, sulla tempia destra e non finì la frase. Pierfranco rivolse gli occhi al cielo con aria annoiata.

"Un giorno ti succederà, di essere sbattuto fuori da un esame più velocemente della luce."

"Non credo, onestamente."

Percorsero il tragitto che li avrebbe portati agli edifici dell'Università. Scansarono un barbone che dormiva nel bel mezzo del marciapiede. Giovanni salì i gradini in marmo di un vecchio palazzo coperto di scritte e manifesti.

"Ecco la mia fermata. Ci vediamo più tardi, direi. Divertiti, a chimica."

Pierfranco lo salutò alzando il dito medio.

Facoltà di chimica. Otto e trentatré del mattino.

Pierfranco sedeva in fondo all'aula, disordinatamente sporgendosi sui banchi vicini. Se la sorte avesse voluto fargli un regalo, pensava, a secondi un tizio sarebbe entrato di tutta fretta per annunciare che il docente era stato ritrovato cadavere nel retro di una Renault rossa. Sentì un giornale sbattergli in testa. Si voltò di scatto, il pugno alzato. Massimo, un suo compagno di corso, scavalcò la fila di sedili e prese posto accanto a lui.

"Buongiorno meraviglia. Gran bella faccia. Nottata difficile?"

"Non è giornata, Massi. Dammi quel fottuto giornale prima che te lo faccia mangiare."

Sfogliò le prime pagine. Guerra, guerra, ministri sull'orlo delle dimissioni, appelli del Vaticano per una pace condivisa, cortei contro la guerra, altra guerra, qualche attore che si era ammazzato nel weekend mentre correva strafatto in macchina. La solita roba. Restituì il giornale a Massimo.

"Dov'è il vecchio Schuster? Di solito non è mai in ritardo."

Pierfranco guardò il soffitto con espressione preoccupata. "Magari lo hanno gambizzato mentre veniva qui. O la Stasi è venuto a prenderselo stanotte. Si è dato alla macchia e ora dorme alla stazione. Chissà."

"Io ci farei la firma anche per un classico, vecchio infarto."

"Anch'io."

Da una delle prime file una ragazza dal lunghi capelli neri si voltò a guardare Pierfranco. Pierfranco alzò le sopracciglia mentre la fissava. La ragazza ridacchiò e si voltò di nuovo.

"Chi è quella tipa?"

"Una a cui ho passato qualche medicinale ogni tanto. Mi fa il filo da un po'. Sospetto che abbia una gran voglia di vedere il mio uccello. Vedrò di accontentarla, magari dopo 'sta lezione."

"Devo dire, Piero, che non ho mai conosciuto nessuno con una sensibilità ed una capacità di sintesi pare alle tue. Congratulazioni. Spero che tu possa diventare ministro, un giorno."

"Puoi vederlo anche tu il mio uccello, se vuoi. Da quel che so, e visto che sei pure un chitarrista, di manici sei abituato a vederne un sacco. E a tenerli in mano, pure."

Massimo sbuffò e si aggiustò gli occhiali sul naso.

"Continua a stronzeggiare così con tutti e un giorno qualche sciroccato ti infilerà un coltello nel fegato, credimi."

"Sarebbe una benedizione, sinceramente."

La porta dell'aula si aprì e il professor Schuster, un vecchietto dalla barba bianca, prese rapidamente posto dietro la cattedra. Le chiacchere si spensero all'istante.

"Buongiorno signori. Scusate il mio leggero ritardo. Riprendiamo da venerdì. Manuale di inorganica, capitolo sedicesimo..."

"Infarto. Magari." pensò Pierfranco prima di aprire il blocco degli appunti.

Facoltà di chimica. Mezzogiorno e dieci.

La mattinata, in un modo o nell'altro, era passata. Pierfranco aveva preso paginate di appunti su argomenti che non lo toccavano minimamente, e aveva riempito un'altra pagina di disegnini osceni che si era divertito a mostrare a Massimo nel tentativo di fargli perdere la calma. Massimo era rimasto composto, con l'espressione annoiata di chi ha a che fare con un bambino troppo cresciuto che pensa di essere il massimo del divertimento. Adesso si trovavano fuori dall'edificio, vicino alle rastrelliere delle biciclette. Massimo stava leggendo con attenzione il suo giornale. Pierfranco vide la tipa delle prime file avvicinarsi, sguardo ammiccante, sculettando senza imbarazzo.

"Bene, Massimo mio, io vado a cercare un cesso libero per pomiciare, e forse anche di più. Tu divertiti a farti le seghe sulla tua attualità. Piangi per quella biblioteca cretina che hanno dato alle fiamme, magari."

"Spero che ti sparino mentre rientri a casa", gli rispose Massimo gelido.

Pierfranco si voltò verso di lui, mimò l'atto di masturbarsi e poi tornò a camminare verso la ragazza con i lunghi capelli neri. Mutò la faccia in un ghigno.

Facoltà di chimica. Mezzogiorno e cinquanta.

Pierfranco imboccò il marciapiede in direzione del dipartimento di filosofia. Si grattava con fare pigro il cavallo dei pantaloni. Qualcosa era riuscito ad ottenerlo, alla fine. Fece giusto in tempo ad arrivare davanti alla facoltà che vide Giovanni uscire di tutta fretta.

"L'hai preso nel retro, una volta tanto?"
Giovanni gli lanciò il libretto. Pierfranco cominciò a sfogliarlo. Filosofia teoretica... trenta. Si lasciò andare una risatina sarcastica. Giovanni gli tolse il libretto dalle mani e se lo mise nella tasca posteriore dei pantaloni.

"Vieni in caffetteria con me, avanti. Devo raccontarti di una porca della mia facoltà..."

"Penso che me ne andrò a dormire, adesso. Dritto a casa."

"Mi avevi detto che non eri stanco."

"Infatti, prima non lo ero. Adesso sì. Buonanotte tesoro, a te e alla tua porca di turno."

Massimo li incrociò mentre passava in bicicletta. Alzò una mano in direzione di Giovanni, sorridendogli. Giovanni gli sorrise di rimando ed alzò un braccio a sua volta.

"Finocchio segaiolo che non è altro", commentò Pierfranco.

"Meno male che ci sei te a riequilibrare la situazione, allora. Adesso veramente, buonanotte e vaffanculo."

Giovanni si allontanò a gran passi. Pierfranco sbuffò nella sua direzione.

"Stronzetto nervoso. Vabbè, andiamo a mettere qualcosa sotto i denti."

Pierfranco si avviò svogliato verso la mensa. Il Sole era di nuovo coperto dalle nubi.
 
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