Possiamo finalmente annunciare i risultati della Fic Challenge 2020!
Le fic sono tutte raccolte in questo topic, dove potete anche votare quelle che vi sono piaciute di più. Di seguito l'elenco dei partecipanti (in ordine di consegna) assieme alle valutazioni dei giudici.
N.B. Mancano le recensioni di Hero of Sky che purtroppo non ha potuto svolgere il suo ruolo di giudice per motivi personali.
- @Carmageddon con "Otto prende un cucciolo"
Novecento:
CiaobyDany:
Ff300:
Aleterla:
- @Veemon Tamer con "Il Segno della Pioggia"
Novecento:
CiaobyDany:
Ff300:
Aleterla:
- @Fabiana con "Undici"
Novecento:
CiaobyDany:
Ff300:
Aleterla:
- @Losba con "Leggenda popolare di Galar"
Novecento:
CiaobyDany:
Ff300:
Aleterla:
- @Apeshit con "La fottuta Repubblica di California"
Novecento:
CiaobyDany:
Ff300:
Aleterla:
Di conseguenza ecco il podio:
1° posto per @Veemon Tamer, con punteggio 8.5
2° posto per @Apeshit, con punteggio 7.9
3° posto per @Fabiana, con punteggio 7.8
Innanzitutto, grazie a tutti i concorrenti per aver aprtecipato: anche quest'anno ci avete regalato delle belle fic. Congratulazioni al vincitore Veemon Tamer, che si aggiudica un buono eShop da 25€ gentilmente offerto da Nintendo per l'occasione che ringraziamo. Voialtri non demoralizzatevi: potrete riprovare l'anno prossimo, e fate tesoro delle recensioni dei giudici per capire come potete migliorare!
Le fic sono tutte raccolte in questo topic, dove potete anche votare quelle che vi sono piaciute di più. Di seguito l'elenco dei partecipanti (in ordine di consegna) assieme alle valutazioni dei giudici.
N.B. Mancano le recensioni di Hero of Sky che purtroppo non ha potuto svolgere il suo ruolo di giudice per motivi personali.
- @Carmageddon con "Otto prende un cucciolo"
Novecento:
Più scorrevo le pagine, più il testo mi stava sorprendendo in positivo. Per quanto ricordi a tratti la sceneggiatura di un film di Neri Parenti, la voce con cui è scritto è sufficientemente vivace da trascinare il lettore senza lasciarlo soffermare troppo sugli stereotipi, senza troppo raccontato e con descrizioni talora davvero valide (gli occhiali spessi quanto il portone del caveau della Banca d’Italia, per esempio). A conti fatti c’è un solo problema: non è una storia.
Urge un passo indietro: come definiamo una storia? Ingenuamente si potrebbe semplicemente dire che una storia è “una serie di eventi che accadono”. Tuttavia se chiedessi a qualcuno se un trafiletto del tipo “Marco apre il frigorifero, scopre che manca il gorgonzola e scende al supermercato sotto casa a comprarlo” è una storia, pur rispettando esso tutti i requisiti espressi poco sopra, difficilmente riceverei una risposta affermativa. Questa non è una storia, bensì è un aneddoto.
Per quanto ci siano diversi modi di approcciare la domanda, diciamo che una storia è tale se è presente un conflitto. Questo conflitto può essere esterno (una guerra), interno (un dilemma etico) oppure relazionale (un litigio), o più sovente una combinazione delle tre. La presenza di un conflitto non garantisce che una storia sia bella, chiariamoci: “Marco apre il frigorifero, scopre che manca il gorgonzola, scende al supermercato sotto casa a comprarlo e litiga con una vecchia che gli soffia l’ultima confezione” ha effettivamente un conflitto, ma sarebbe una storia pessima a meno che non trovi un modo brillante per narrarla; sarebbe, ciononostante, una storia.
Ora la domanda fatidica: che conflitti ci propone questa storia? Diversi, in realtà! Anche se, per la verità, nessuno particolarmente originale o interessante: abbiamo Otto contro Antenore (esterno), Otto contro Alex (relazionale), Otto che vuole conquistare Giuliana (relazionale) e, in modo molto accennato, persino un possibile conflitto interno, ovvero Otto contro la sua apatia domenicale. La ragione per cui dico che questa non è una storia non è che non ci siano conflitti, bensì perché questi conflitti non si sviluppano in alcun modo. Come cambia il tuo racconto se rimuovi Antenore, o Alex, o Giuliana o l’apatia? La risposta è ovviamente “non cambia”, perché il tuo racconto non affronta nessuno di questi problemi: è semplicemente l’aneddoto di un uomo che compra un tasso e passa una domenica in compagnia (oh, e i Pokémon esistono, per qualche ragione che mi elude).
Ora. Per esperienza personale, quando leggo racconti di questo tipo sono al 70% scritti da persone che volevano solo divertirsi un po’ e mi sento sempre un po’ uno stronzo a stroncarli. In condizioni normali me ne starei zitto e lascerei che l’autore o l’autrice scrivano di ciò che gli pare, perché non sono nessuno per dire alla gente come passare il tempo libero. Ma siamo malauguratamente in un Fic Contest e sono malauguratamente un giudice, ragion per cui farò ciò che l’etica mi impone: caro autore o cara autrice, se hai aspirazioni letterarie questo è l’approccio sbagliato. La prima cosa da fare quando scrivi qualcosa per un pubblico è dare a quel pubblico qualcosa che valga la pena di essere letto, e la nostra vita spesso e volentieri non lo è. Se invece volevi solo ammazzare qualche ora davanti alla tastiera in questa quarantena, beh, non ti serve certo la mia approvazione per farlo.
3/10
Urge un passo indietro: come definiamo una storia? Ingenuamente si potrebbe semplicemente dire che una storia è “una serie di eventi che accadono”. Tuttavia se chiedessi a qualcuno se un trafiletto del tipo “Marco apre il frigorifero, scopre che manca il gorgonzola e scende al supermercato sotto casa a comprarlo” è una storia, pur rispettando esso tutti i requisiti espressi poco sopra, difficilmente riceverei una risposta affermativa. Questa non è una storia, bensì è un aneddoto.
Per quanto ci siano diversi modi di approcciare la domanda, diciamo che una storia è tale se è presente un conflitto. Questo conflitto può essere esterno (una guerra), interno (un dilemma etico) oppure relazionale (un litigio), o più sovente una combinazione delle tre. La presenza di un conflitto non garantisce che una storia sia bella, chiariamoci: “Marco apre il frigorifero, scopre che manca il gorgonzola, scende al supermercato sotto casa a comprarlo e litiga con una vecchia che gli soffia l’ultima confezione” ha effettivamente un conflitto, ma sarebbe una storia pessima a meno che non trovi un modo brillante per narrarla; sarebbe, ciononostante, una storia.
Ora la domanda fatidica: che conflitti ci propone questa storia? Diversi, in realtà! Anche se, per la verità, nessuno particolarmente originale o interessante: abbiamo Otto contro Antenore (esterno), Otto contro Alex (relazionale), Otto che vuole conquistare Giuliana (relazionale) e, in modo molto accennato, persino un possibile conflitto interno, ovvero Otto contro la sua apatia domenicale. La ragione per cui dico che questa non è una storia non è che non ci siano conflitti, bensì perché questi conflitti non si sviluppano in alcun modo. Come cambia il tuo racconto se rimuovi Antenore, o Alex, o Giuliana o l’apatia? La risposta è ovviamente “non cambia”, perché il tuo racconto non affronta nessuno di questi problemi: è semplicemente l’aneddoto di un uomo che compra un tasso e passa una domenica in compagnia (oh, e i Pokémon esistono, per qualche ragione che mi elude).
Ora. Per esperienza personale, quando leggo racconti di questo tipo sono al 70% scritti da persone che volevano solo divertirsi un po’ e mi sento sempre un po’ uno stronzo a stroncarli. In condizioni normali me ne starei zitto e lascerei che l’autore o l’autrice scrivano di ciò che gli pare, perché non sono nessuno per dire alla gente come passare il tempo libero. Ma siamo malauguratamente in un Fic Contest e sono malauguratamente un giudice, ragion per cui farò ciò che l’etica mi impone: caro autore o cara autrice, se hai aspirazioni letterarie questo è l’approccio sbagliato. La prima cosa da fare quando scrivi qualcosa per un pubblico è dare a quel pubblico qualcosa che valga la pena di essere letto, e la nostra vita spesso e volentieri non lo è. Se invece volevi solo ammazzare qualche ora davanti alla tastiera in questa quarantena, beh, non ti serve certo la mia approvazione per farlo.
3/10
Una fic fresca, divertente. Leggera ma non banale. Evidentemente influenzata dall'umorismo fantozziano, ma senza che se ne senta la vecchiaia. Tecnicamente non ineccepibile, le parentesi non dovrebbero essere usate realmente così, e alcuni discorsi hanno una punteggiatura che potrebbe essere migliorata. Ma nel complesso scorre benissimo, intrattiene, riesce ad avere un colpo di scena costruito bene e a farti affezionare sia ad Otto che a Speedy. 8/10
Non ho voglia di riscrivere il commento per la precedente fic [Leggenda popolare di Galar], che tanto si applica perfettamente anche a questa. Eccetto la parte sull'originalità, che come ho già detto ha influito il giusto sul voto.
6.5/10
6.5/10
Storia demenziale non troppo lunga, divertente, scritta con uno stile semplice ed efficace. Ricorda le storie pubblicate anni fa nei settimanali o in riviste specializzate, tipo quelle del Signor Bonaventura. Una lettura davvero leggera e piacevole, probabilmente la più piacevole di questa edizione della Fic Challenge.
Voto: 7/10.
Voto: 7/10.
- @Veemon Tamer con "Il Segno della Pioggia"
Novecento:
Ci sei andato così vicino. Non solo il racconto è scritto bene, non solo la premessa è fenomenale, ma nello strutturare la storia hai inserito tre conflitti molto interessanti che agiscono sui tre piani ideali: un conflitto interno dato dall’oppressione provata da Leo nei confronti della sua morte, uno relazionale dato dal rapporto conflittuale di Leo e Liliana e uno esterno dato dal mistero centrale del racconto: come è morto Leo? E i tre conflitti convergono magistralmente nella scena finale in cui sveliamo il mistero e comprendiamo come le circostanze della sua dipartita hanno avuto ripercussioni su lui e sulla sua capacità di relazionarsi agli altri nel mondo dei morti. Mentre leggevo ero molto felice all’idea di assegnare un 9 al secondo racconto letto (non un 10, vedremo alla fine perché).
Dunque che cosa è andato storto? Visto che da come scrivi intuisco tu abbia ambizioni letterarie a un livello un po’ superiore rispetto a “un modo per ammazzare il tempo in quarantena”, sarò diretto: devi imparare a padroneggiare la coerenza tematica di ciò che scrivi, perché la scena finale sembra uscita da tutta un’altra storia.
Per chiarire cosa intendo (non è un concetto semplice da spiegare a chi non lo «sente di pancia»), analizziamo per un attimo il primo conflitto, ovvero quello di Leo con se stesso: viene stabilito molto efficacemente, non solo attraverso le parole ma attraverso l’intelligente stratagemma di legare i suoi sentimenti alla pioggia, che Leo è afflitto da una profonda depressione per non aver superato il trauma della sua morte. La presenza di due spettri come Salem e Liliana ci dice che questa non è una situazione normale, il che guida il lettore dritto nelle fauci del Grande Mistero: Leo deve essere morto in un modo così traumatizzante che l’ha segnato anche nell’oltretomba. Avrà forse una colpa nella sua stessa morte? Che ruolo ricoprirà Giada e perché si è così fissato su di lei, come ci viene detto e mostrato eccellentemente all’inizio del racconto in modo da fissarcelo bene in testa?
Salta fuori che la risposta a tutte queste domande è una bella alzata di spalle, perché nulla nella sua morte dà il benché minimo indizio a riguardo. Perché Leo è così traumatizzato? Eh, è fatto così, sa Dio. Ha in qualche modo causato la propria morte? Solo come vizio di procedura, perché il bullo l’ha ammazzato di propria volizione dopo che Leo si è tuffato a recuperare un braccialetto (e Leo dice pure “sono stanco di darmi colpe” nel finale; colpe di cosa, di grazia?). Che ruolo ricopre Giada? Nulla di più di un espediente narrativo per dare ai bulli una vaga ragione per ammazzare Leo e dare moto al racconto. Perché Leo si è fissato su di lei? Eh, è fatto così, sa Dio (x2). In un racconto incentrato sulla morte del protagonista tenuta segreta al lettore fino alla fine, questa morte non ci dice nulla sul protagonista.
Un simile discorso va fatto anche per il secondo conflitto, ovvero il rapporto tra Leo e Liliana. Più volte nel racconto viene tracciato un parallelismo/contrasto tra Liliana e Giada, sia direttamente (Ad essere cinico, potrei definirla insignificante, l’opposto di Giada.) che indirettamente (Liliana afferra il polso a Leo, Leo afferra il polso a Giada). Tutto ciò sembra preludere al fatto che le difficoltà di Leo nel rapportarsi con Liliana siano anch’esse da ricondurre al Grande Mistero, all’inevitabile coinvolgimento di Giada nella morte di Leo… Ma non è così, perché la spiegazione è un molto più semplice “oh, Leo è una tsundere che nasconde la propria fragilità dietro un tono aggressivo”. Effetto collaterale, il personaggio di Giada diventa completamente avulso dalla storia: puoi rimuoverlo, ritoccare leggermente la morte di Leo e la storia fila allo stesso modo senza di lei.
Non so se ho reso l’idea, ma la morale della favola è: questa è una storia davvero poco elegante. C’era una bellissima opportunità di far convergere armoniosamente la risoluzione dei tre conflitti principali nella scena finale, ma questa opportunità non viene mai sfruttata. Il finale attuale conclude la storia nel senso lato di “è la fine degli eventi”, ma perde l’occasione di tirare le fila dei temi che il racconto (consapevolmente o meno) introduce.
Però siamo tutti bravi a criticare. Quale sarebbe stato un modo per risolvere? La cosa migliore da fare sarebbe stato scartare la versione attuale della morte di Leo, in assoluto il punto debole del racconto, e riscriverla unendo i puntini in un disegno un po’ più soddisfacente a livello tematico. Leo è oppresso dalla sua morte prematura, quindi è naturale dargli una responsabilità nel suo svolgimento verso cui provare dei sensi di colpa; Leo ha rimpianti circa l’aver preso per scontate cose come il dolce domenicale preso dai suoi genitori, quindi sarebbe elegante se ciò si rivelasse un fattore contribuente nella sua morte; Leo è ossessionato da Giada, che ci si aspetta quindi ricopra un ruolo di rilievo (magari suggerendo silenziosamente, insieme al motivo della sua ossessione per Giada, la ragione per cui Leo è così infastidito da Liliana). Come esercizio di fantasia, cosa succederebbe se assegnassi a Leo la morte che hai scelto per Liliana? Come potresti ristrutturare quella scena in macchina per incorporare le idee di cui sopra? Non devi usarle tutte, ma più ne usi e migliore sarà l’effetto finale (assumendo che tu riesca ad amalgamarle in modo convincente, ma credo di non dover dire a uno scrittore “ammesso che tu scriva bene”).
Naturalmente, la morte di Leo è lungi dall’essere l’unica parte di un racconto così introspettivo che beneficerebbe da una miglior padronanza dei temi in gioco. Per esempio, il fatto che a Liliana basti raccontare la sua morte (cosa che le pesa relativamente) per farla raccontare a Leo (per cui è la singola cosa più difficile da fare) non è molto soddisfacente. Per convincere Leo, Liliana dovrebbe fare qualcosa che sia di sforzo paragonabile. Ciò comporterebbe definire un po’ meglio il personaggio, che per ora è solo una sorella à la “onii-sama”, magari includendo una qualche risonanza tra la sua storia e quella di Leo (adesso essenzialmente estranee l’una all’altra), bla bla bla, dopo una pagina e mezza di recensione dovresti aver colto il succo del discorso. Per esempio, considerando che Liliana è convinta di aver rovinato la vita al fratello morto, non sarebbe interessante se Leo allo stesso modo fosse convinto di aver rovinato la vita a Giada rimasta in vita (per esempio causandole a sua volta un trauma), spiegando così la sua ossessione per lei?
Come vedi, le vie della manipolazione tematica di un racconto sono infinite ed è un’arte che è molto difficile imparare a usare ed è ancor più difficile imparare quando non usare, per evitare di scrivere i tuoi racconti meccanicamente come un “unisci i puntini” della Settimana Enigmistica. Se ti interessa, trovo che Andrew Ellard (https://medium.com/@ellardent) abbia un talento particolare in questo ambito e le sue TweetNotes sono sempre illuminanti per scoprire come le storie che vedi in televisione o al cinema adottino proprio le tecniche che ho descritto (e, laddove non lo facciano, Ellard è molto più bravo di me nel suggerire miglioramenti, che è una delle cose più difficili da fare e il marchio di un grande editor). Il cuore della sua produzione è basato su episodi di Doctor Who, ma tratta anche molti film di recente uscita e di ampia notorietà. Quando non so da che parte sbattere la testa per una storia, di solito è lì che vado a trarre ispirazione.
Qualche nota conclusiva che ho già scritto troppo: ho menzionato all’inizio che anche con una buona conclusione non avrei comunque dato un 10. Perché?
- Il passo iniziale non è scritto male. Soffre un po’ di sindrome da parole buttate (timida lacrima strappata in un solitario silenzio e lacrima strappata nel silenzio sono esattamente la stessa immagine) e la struttura della prima frase è arzigogolata, ma la nube come petrolio è un’immagine valida (anche se la precisazione in mare non solo è inutile, ma è dannosa perché evoca il mare in un momento in cui stai parlando di un lago) e il trafiletto è funzionale nel fissare l’atmosfera. Il suo problema però è che è scritto in modo troppo diverso da tutto il resto del racconto e il lettore si accorge che quella non è la tua voce naturale. Puoi ottenere lo stesso risultato senza tradire il tuo stile.
- Occhio all’effetto manuale di istruzioni. Quando Leo pensa Lo chiamiamo l’Eden. È vasto e pieno di anime, ma molte, come me, non amano fare amicizia, o Gli elementi del mondo dei morti sono fatti come noi, quindi possiamo ancora toccarli e avvertirne gli odori, mentre nel mondo dei vivi ci sono concessi solo la vista e l’udito, o quando dice a Liliana che Siamo ancorati qui, Lilli. Alcuni se ne vanno subito, ma a noi è stato concesso di restare e non sappiamo per quanto e perché, è molto evidente che sta in realtà parlando con noi che leggiamo. Questo effetto, già problematico per conto suo, è aggravato dal fatto che Leo non ha una voce che rompe naturalmente la quarta parete (cosa che non renderebbe questi passi di pura esposizione meno gravi, ma attenuerebbe l’effetto straniante che si prova leggendoli). La regola è sempre la solita: se queste regole sono importanti per la storia non devono essere raccontate, devono essere mostrate (altrimenti il lettore non se le ricorda e devi precisare che Ho perso il tatto, quindi sono finito ancora nel mondo dei vivi), mentre se non lo sono allora puoi toglierle (oppure, se vuoi lasciarle «per costruire il mondo», mostrarle in scene con meno risalto rispetto a quelle atte a esplicare meccaniche principali).
- L’approccio all’argomento dell’autolesionismo è, a essere gentili, ingenuo. Non sono in linea di principio contrario a trattare temi così delicati come aspetti «minori», ma se non ci sei passato personalmente è necessario condurre una ricerca approfondita (leggere quante più testimonianze possibile, come primo passo) per evitare di commettere errori grossolani come una ragazza che gira a braccia scoperte con tagli autoinferti ancora visibili. È uno sforzo che devi fare, prima ancora che per il realismo della tua storia, per rispetto alle persone del cui dolore ti stai appropriando in qualità di scrittore. E rimanendo in argomento, Giada che dopo la morte di un suo grande amico smette di farsi del male per qualche ragione è proprio stonato.
Non è una brutta storia, il che spero si rifletta nel voto che ho assegnato. Ma sarebbe potuta essere molto di più.
7/10
Dunque che cosa è andato storto? Visto che da come scrivi intuisco tu abbia ambizioni letterarie a un livello un po’ superiore rispetto a “un modo per ammazzare il tempo in quarantena”, sarò diretto: devi imparare a padroneggiare la coerenza tematica di ciò che scrivi, perché la scena finale sembra uscita da tutta un’altra storia.
Per chiarire cosa intendo (non è un concetto semplice da spiegare a chi non lo «sente di pancia»), analizziamo per un attimo il primo conflitto, ovvero quello di Leo con se stesso: viene stabilito molto efficacemente, non solo attraverso le parole ma attraverso l’intelligente stratagemma di legare i suoi sentimenti alla pioggia, che Leo è afflitto da una profonda depressione per non aver superato il trauma della sua morte. La presenza di due spettri come Salem e Liliana ci dice che questa non è una situazione normale, il che guida il lettore dritto nelle fauci del Grande Mistero: Leo deve essere morto in un modo così traumatizzante che l’ha segnato anche nell’oltretomba. Avrà forse una colpa nella sua stessa morte? Che ruolo ricoprirà Giada e perché si è così fissato su di lei, come ci viene detto e mostrato eccellentemente all’inizio del racconto in modo da fissarcelo bene in testa?
Salta fuori che la risposta a tutte queste domande è una bella alzata di spalle, perché nulla nella sua morte dà il benché minimo indizio a riguardo. Perché Leo è così traumatizzato? Eh, è fatto così, sa Dio. Ha in qualche modo causato la propria morte? Solo come vizio di procedura, perché il bullo l’ha ammazzato di propria volizione dopo che Leo si è tuffato a recuperare un braccialetto (e Leo dice pure “sono stanco di darmi colpe” nel finale; colpe di cosa, di grazia?). Che ruolo ricopre Giada? Nulla di più di un espediente narrativo per dare ai bulli una vaga ragione per ammazzare Leo e dare moto al racconto. Perché Leo si è fissato su di lei? Eh, è fatto così, sa Dio (x2). In un racconto incentrato sulla morte del protagonista tenuta segreta al lettore fino alla fine, questa morte non ci dice nulla sul protagonista.
Un simile discorso va fatto anche per il secondo conflitto, ovvero il rapporto tra Leo e Liliana. Più volte nel racconto viene tracciato un parallelismo/contrasto tra Liliana e Giada, sia direttamente (Ad essere cinico, potrei definirla insignificante, l’opposto di Giada.) che indirettamente (Liliana afferra il polso a Leo, Leo afferra il polso a Giada). Tutto ciò sembra preludere al fatto che le difficoltà di Leo nel rapportarsi con Liliana siano anch’esse da ricondurre al Grande Mistero, all’inevitabile coinvolgimento di Giada nella morte di Leo… Ma non è così, perché la spiegazione è un molto più semplice “oh, Leo è una tsundere che nasconde la propria fragilità dietro un tono aggressivo”. Effetto collaterale, il personaggio di Giada diventa completamente avulso dalla storia: puoi rimuoverlo, ritoccare leggermente la morte di Leo e la storia fila allo stesso modo senza di lei.
Non so se ho reso l’idea, ma la morale della favola è: questa è una storia davvero poco elegante. C’era una bellissima opportunità di far convergere armoniosamente la risoluzione dei tre conflitti principali nella scena finale, ma questa opportunità non viene mai sfruttata. Il finale attuale conclude la storia nel senso lato di “è la fine degli eventi”, ma perde l’occasione di tirare le fila dei temi che il racconto (consapevolmente o meno) introduce.
Però siamo tutti bravi a criticare. Quale sarebbe stato un modo per risolvere? La cosa migliore da fare sarebbe stato scartare la versione attuale della morte di Leo, in assoluto il punto debole del racconto, e riscriverla unendo i puntini in un disegno un po’ più soddisfacente a livello tematico. Leo è oppresso dalla sua morte prematura, quindi è naturale dargli una responsabilità nel suo svolgimento verso cui provare dei sensi di colpa; Leo ha rimpianti circa l’aver preso per scontate cose come il dolce domenicale preso dai suoi genitori, quindi sarebbe elegante se ciò si rivelasse un fattore contribuente nella sua morte; Leo è ossessionato da Giada, che ci si aspetta quindi ricopra un ruolo di rilievo (magari suggerendo silenziosamente, insieme al motivo della sua ossessione per Giada, la ragione per cui Leo è così infastidito da Liliana). Come esercizio di fantasia, cosa succederebbe se assegnassi a Leo la morte che hai scelto per Liliana? Come potresti ristrutturare quella scena in macchina per incorporare le idee di cui sopra? Non devi usarle tutte, ma più ne usi e migliore sarà l’effetto finale (assumendo che tu riesca ad amalgamarle in modo convincente, ma credo di non dover dire a uno scrittore “ammesso che tu scriva bene”).
Naturalmente, la morte di Leo è lungi dall’essere l’unica parte di un racconto così introspettivo che beneficerebbe da una miglior padronanza dei temi in gioco. Per esempio, il fatto che a Liliana basti raccontare la sua morte (cosa che le pesa relativamente) per farla raccontare a Leo (per cui è la singola cosa più difficile da fare) non è molto soddisfacente. Per convincere Leo, Liliana dovrebbe fare qualcosa che sia di sforzo paragonabile. Ciò comporterebbe definire un po’ meglio il personaggio, che per ora è solo una sorella à la “onii-sama”, magari includendo una qualche risonanza tra la sua storia e quella di Leo (adesso essenzialmente estranee l’una all’altra), bla bla bla, dopo una pagina e mezza di recensione dovresti aver colto il succo del discorso. Per esempio, considerando che Liliana è convinta di aver rovinato la vita al fratello morto, non sarebbe interessante se Leo allo stesso modo fosse convinto di aver rovinato la vita a Giada rimasta in vita (per esempio causandole a sua volta un trauma), spiegando così la sua ossessione per lei?
Come vedi, le vie della manipolazione tematica di un racconto sono infinite ed è un’arte che è molto difficile imparare a usare ed è ancor più difficile imparare quando non usare, per evitare di scrivere i tuoi racconti meccanicamente come un “unisci i puntini” della Settimana Enigmistica. Se ti interessa, trovo che Andrew Ellard (https://medium.com/@ellardent) abbia un talento particolare in questo ambito e le sue TweetNotes sono sempre illuminanti per scoprire come le storie che vedi in televisione o al cinema adottino proprio le tecniche che ho descritto (e, laddove non lo facciano, Ellard è molto più bravo di me nel suggerire miglioramenti, che è una delle cose più difficili da fare e il marchio di un grande editor). Il cuore della sua produzione è basato su episodi di Doctor Who, ma tratta anche molti film di recente uscita e di ampia notorietà. Quando non so da che parte sbattere la testa per una storia, di solito è lì che vado a trarre ispirazione.
Qualche nota conclusiva che ho già scritto troppo: ho menzionato all’inizio che anche con una buona conclusione non avrei comunque dato un 10. Perché?
- Il passo iniziale non è scritto male. Soffre un po’ di sindrome da parole buttate (timida lacrima strappata in un solitario silenzio e lacrima strappata nel silenzio sono esattamente la stessa immagine) e la struttura della prima frase è arzigogolata, ma la nube come petrolio è un’immagine valida (anche se la precisazione in mare non solo è inutile, ma è dannosa perché evoca il mare in un momento in cui stai parlando di un lago) e il trafiletto è funzionale nel fissare l’atmosfera. Il suo problema però è che è scritto in modo troppo diverso da tutto il resto del racconto e il lettore si accorge che quella non è la tua voce naturale. Puoi ottenere lo stesso risultato senza tradire il tuo stile.
- Occhio all’effetto manuale di istruzioni. Quando Leo pensa Lo chiamiamo l’Eden. È vasto e pieno di anime, ma molte, come me, non amano fare amicizia, o Gli elementi del mondo dei morti sono fatti come noi, quindi possiamo ancora toccarli e avvertirne gli odori, mentre nel mondo dei vivi ci sono concessi solo la vista e l’udito, o quando dice a Liliana che Siamo ancorati qui, Lilli. Alcuni se ne vanno subito, ma a noi è stato concesso di restare e non sappiamo per quanto e perché, è molto evidente che sta in realtà parlando con noi che leggiamo. Questo effetto, già problematico per conto suo, è aggravato dal fatto che Leo non ha una voce che rompe naturalmente la quarta parete (cosa che non renderebbe questi passi di pura esposizione meno gravi, ma attenuerebbe l’effetto straniante che si prova leggendoli). La regola è sempre la solita: se queste regole sono importanti per la storia non devono essere raccontate, devono essere mostrate (altrimenti il lettore non se le ricorda e devi precisare che Ho perso il tatto, quindi sono finito ancora nel mondo dei vivi), mentre se non lo sono allora puoi toglierle (oppure, se vuoi lasciarle «per costruire il mondo», mostrarle in scene con meno risalto rispetto a quelle atte a esplicare meccaniche principali).
- L’approccio all’argomento dell’autolesionismo è, a essere gentili, ingenuo. Non sono in linea di principio contrario a trattare temi così delicati come aspetti «minori», ma se non ci sei passato personalmente è necessario condurre una ricerca approfondita (leggere quante più testimonianze possibile, come primo passo) per evitare di commettere errori grossolani come una ragazza che gira a braccia scoperte con tagli autoinferti ancora visibili. È uno sforzo che devi fare, prima ancora che per il realismo della tua storia, per rispetto alle persone del cui dolore ti stai appropriando in qualità di scrittore. E rimanendo in argomento, Giada che dopo la morte di un suo grande amico smette di farsi del male per qualche ragione è proprio stonato.
Non è una brutta storia, il che spero si rifletta nel voto che ho assegnato. Ma sarebbe potuta essere molto di più.
7/10
Wow. Una fic estremamente articolata in cui vengono presentati vari personaggi e sono intrecciate diverse storie in diversi luoghi e diversi tempi. Come tu sia riuscito a condensare tutto in così poco spazio in modo così scorrevole è un mistero che dubito riuscirò mai a comprendere. Apprezzo molto anche la plausibilità del racconto, le varie ironie tragiche e del destino del protagonista vivo/morto, i cambiamenti, le caratterizzazioni... Hai fatto un lavoro eccellente che è riuscito a farmi piangere tutte e due le volte che l'ho letto. Evidentemente meriti voto 10/10.
Il titolo parte male perché mette le maiuscole in stile inglese, una cosa che nel corso degli anni ho iniziato ad odiare profondamente. Ma per fortuna è l'unica cosa che non ho apprezzato di questa fic. Tutta l'ambientazione è molto carina e, per quanto ne so, originale, e soprattutto mi sembra venga usata bene per raccontare quello che penso sia importante alla fine, ovvero la storia del protagonista e i suoi stati d'animo. Decisamente la fic che mi è piaciuta di più della challenge, peccato che ci sia qualche typo/errorino in giro che infastidisce la lettura.
9/10
9/10
Il segno della pioggia è una fic scritta molto bene, senza dubbio: l'autore è stato particolarmente bravo nel descrivere le emozioni dei personaggi e non è stato da meno nelle descrizioni di natura e tratti fisici. Mi è piaciuta anche la visione dell'aldilà proposta, lasciando intelligentemente molto al non detto: mi è davvero sembrata una storia, ancor prima che ben scritta, ben ragionata e ti incuriosisce pian piano sempre più portandoti poi al dolce finale. Ottimo lavoro.
Voto: 8/10.
Voto: 8/10.
- @Fabiana con "Undici"
Novecento:
Credo di aver capito cosa volevi fare, ma qui è un bel casino.
I parallelismi tra sport e problemi personali sono un grande classico della cinematografia americana almeno dal primo Rocky, e tendenzialmente funzionano perché è semplice trovare parallelismi tra lo sport e gli ostacoli che si affrontano nella vita e perché, tutto sommato, a tutti piacciono i film con il grande evento al climax. Questa storia, in virtù anche del fatto che chi la scrive ovviamente conosce il basket molto bene, non fa eccezione: mi piace particolarmente lo spunto del palleggiare quando si guarda il canestro rapportato all’essere ossessionati da qualcosa. Così come Il segno della pioggia, il cui commento ti invito a leggere poiché tu e il suo autore avete fatto errori simili, anche questo racconto aveva grande potenziale sulla base della premessa.
Gli omaggi ai film sportivi finiscono però per essere anche la rovina di questo racconto: sembra più di leggere un collage di topoi del genere in questione che una storia autocoerente. C’è il Vecchio Strambo Allenatore che insegna al protagonista a giocare, ma senza una reale ragione per farlo (se non il velato suggerimento sottinteso di una parentela). C’è l’Atleta Accidentale che inizia a giocare per caso e scopre la propria passione, che però accetta le avance del Vecchio Strambo solo perché ha già letto la sua storia e sa che gli piacerà (non trovo altre ragioni per cui non avrebbe dovuto alzare i tacchi al secondo incontro e il racconto, pur essendo scritto nella sua testa e quindi nella posizione di chiarire il ragionamento, rifiuta di farlo). C’è il Campo Abbandonato Dai Giovani a segnare il contrasto tra l’autenticità della vecchia generazione e l’apatia della nuova, ma in nessun punto del racconto questo contrasto si realizza come tema. E ovviamente c’è la punta di diamante, il Cambiamento Conclusivo, in cui il protagonista applica ciò che ha imparato nello sport ai suoi problemi personali… Eccetto che apparentemente decide di chiamare sua madre «mamma» (non nel pensiero interiore, perché due righe sopra è ancora nonna, ma sorvoliamo) completamente a caso dopo aver scoperto che i giri di campo erano undici perché le dita e il cuore. Perché non dopo che gli viene fatto il discorso sul concentrarsi sull’obiettivo mentre palleggia, dove avrebbe avuto un po’ più senso?
Tanto per essere chiari, non obietto all’uso di stilemi classici: sono il primo a ricorrervi e se sono apprezzati c’è un motivo. Il mio sentore è che tu non abbia ben chiaro quale sia questo motivo. Perché il Vecchio Strambo Allenatore funziona? Perché alla fine vediamo che tanto strambo non era e aveva ragione, ma nella tua storia manca il momento in cui capiamo il suo punto di vista e non scopriamo mai perché fosse interessato a fare da terapeuta psicomotorio a Luca (di nuovo, a parte un implicito «forse era suo nonno»). Perché il Cambiamento Conclusivo funziona? Perché è narrativamente soddisfacente vedere due filoni di trama che si intrecciano alla fine, ma qui restano ben separati a parte in una scena.
Tutto questo è frustrante perché l’altro filone, quello dei problemi personali, è ben congegnato: il suo successo più evidente è che l’approccio sportivo è abbastanza fresco da rendere «ragazzo scopre di essere adottato e non vuole adattarsi alla rivelazione», di per sé un cliché usato e abusato, non prevedibile al di là dell’ovvia conclusione «ma poi si adatta» (che, come i topoi visti sopra, è apprezzata per un motivo e non va per forza cambiata). Ma c’è così tanto potenziale sprecato che piange il cuore. Scrivi di un ragazzo che ha conflitti riguardo alla propria figura unica genitoriale, non ha avuto nessun punto di riferimento maschile (padri o nonni) nella propria vita, conosce un vecchio mentore con cui inizia a legare… e quell’angolo non viene mai approfondito? Te lo eri servito su un piatto d’argento! Considera valido anche nei tuoi confronti il caloroso invito a dare un’occhiata ad Andrew Ellard (https://medium.com/@ellardent).
Chiudiamo con una nota più tecnica: il racconto è scritto competentemente, ma devi essere più preciso nelle descrizioni. Una piattaforma di cemento sgangherata non aiuta il lettore a visualizzarla: potrebbe essere incrinata, scrostata, piena di muschi, con sterpaglia parassita che cresce tra le crepe o una combinazione delle precedenti. Sapere che Luca dedica le ore successive a social e videogiochi è un inizio, ma quante ore? Che social? Che videogiochi? Perché parli di biscotti anziché di Gocciole? Perché anziché dire che Luca arriva a fine corsa stremato, essenzialmente dicendo al lettore di trovarsi un’immagine di stanchezza nella sua testa e usarla, non la trovi tu che sei lo scrittore? Cosa me ne faccio esattamente di sapere che Lucas si immerge nei suoi pensieri? Cosa dovrei visualizzare mentre leggo quelle righe, che informazione mi danno?
Lo so, probabilmente ti sembrano inezie, ragion per cui ti spiego per filo e per segno perché non lo sono:
- In un racconto breve hai poco spazio, ogni parola deve contare; questo è ancora più vero per la caratterizzazione dei tuoi personaggi, su cui si impernia quanto ogni storia impatta il lettore. Buttarle per dire che Lucas si immerge nei suoi pensieri per un altro po’ è criminale.
- Il lettore medio non ha una grande immaginazione: se scrivi qualcosa di vago sostituirà con il dettaglio più banale. Per esempio Luca può essere stremato in tanti modi, ma la gran parte delle persone lo immaginerà con il fiatone (anziché, che so io, con acido lattico nelle gambe o fitte alle rotule). Questo è un problema perché il lettore non si accorge di questo processo e il suo giudizio di «poca fantasia» si ripercuote, consciamente o meno, su di te.
- I dettagli restano in testa. Se anziché dire videogiochi avessi detto che Luca gioca Overwatch con gli amici, e magari avessi insistito su questo punto scendendo più nel dettaglio o tornandoci sopra, il finale in cui la Gioventù Torna Al Campetto avrebbe avuto più senso narrativo. Così com’è, uno nota che Luca è tecnodipendente solo se cerca di notarlo.
- Perché è meno noioso da leggere. L’obiezione più comune che sento quando parlo di show don’t tell è che troppi dettagli appesantiscono, ma una descrizione concreta è la cosa che scorre meglio in un testo.
Coraggio, la base della torta era buona. Avrebbe solo beneficiato di un po’ di tempo in più in forno.
6.5/10
I parallelismi tra sport e problemi personali sono un grande classico della cinematografia americana almeno dal primo Rocky, e tendenzialmente funzionano perché è semplice trovare parallelismi tra lo sport e gli ostacoli che si affrontano nella vita e perché, tutto sommato, a tutti piacciono i film con il grande evento al climax. Questa storia, in virtù anche del fatto che chi la scrive ovviamente conosce il basket molto bene, non fa eccezione: mi piace particolarmente lo spunto del palleggiare quando si guarda il canestro rapportato all’essere ossessionati da qualcosa. Così come Il segno della pioggia, il cui commento ti invito a leggere poiché tu e il suo autore avete fatto errori simili, anche questo racconto aveva grande potenziale sulla base della premessa.
Gli omaggi ai film sportivi finiscono però per essere anche la rovina di questo racconto: sembra più di leggere un collage di topoi del genere in questione che una storia autocoerente. C’è il Vecchio Strambo Allenatore che insegna al protagonista a giocare, ma senza una reale ragione per farlo (se non il velato suggerimento sottinteso di una parentela). C’è l’Atleta Accidentale che inizia a giocare per caso e scopre la propria passione, che però accetta le avance del Vecchio Strambo solo perché ha già letto la sua storia e sa che gli piacerà (non trovo altre ragioni per cui non avrebbe dovuto alzare i tacchi al secondo incontro e il racconto, pur essendo scritto nella sua testa e quindi nella posizione di chiarire il ragionamento, rifiuta di farlo). C’è il Campo Abbandonato Dai Giovani a segnare il contrasto tra l’autenticità della vecchia generazione e l’apatia della nuova, ma in nessun punto del racconto questo contrasto si realizza come tema. E ovviamente c’è la punta di diamante, il Cambiamento Conclusivo, in cui il protagonista applica ciò che ha imparato nello sport ai suoi problemi personali… Eccetto che apparentemente decide di chiamare sua madre «mamma» (non nel pensiero interiore, perché due righe sopra è ancora nonna, ma sorvoliamo) completamente a caso dopo aver scoperto che i giri di campo erano undici perché le dita e il cuore. Perché non dopo che gli viene fatto il discorso sul concentrarsi sull’obiettivo mentre palleggia, dove avrebbe avuto un po’ più senso?
Tanto per essere chiari, non obietto all’uso di stilemi classici: sono il primo a ricorrervi e se sono apprezzati c’è un motivo. Il mio sentore è che tu non abbia ben chiaro quale sia questo motivo. Perché il Vecchio Strambo Allenatore funziona? Perché alla fine vediamo che tanto strambo non era e aveva ragione, ma nella tua storia manca il momento in cui capiamo il suo punto di vista e non scopriamo mai perché fosse interessato a fare da terapeuta psicomotorio a Luca (di nuovo, a parte un implicito «forse era suo nonno»). Perché il Cambiamento Conclusivo funziona? Perché è narrativamente soddisfacente vedere due filoni di trama che si intrecciano alla fine, ma qui restano ben separati a parte in una scena.
Tutto questo è frustrante perché l’altro filone, quello dei problemi personali, è ben congegnato: il suo successo più evidente è che l’approccio sportivo è abbastanza fresco da rendere «ragazzo scopre di essere adottato e non vuole adattarsi alla rivelazione», di per sé un cliché usato e abusato, non prevedibile al di là dell’ovvia conclusione «ma poi si adatta» (che, come i topoi visti sopra, è apprezzata per un motivo e non va per forza cambiata). Ma c’è così tanto potenziale sprecato che piange il cuore. Scrivi di un ragazzo che ha conflitti riguardo alla propria figura unica genitoriale, non ha avuto nessun punto di riferimento maschile (padri o nonni) nella propria vita, conosce un vecchio mentore con cui inizia a legare… e quell’angolo non viene mai approfondito? Te lo eri servito su un piatto d’argento! Considera valido anche nei tuoi confronti il caloroso invito a dare un’occhiata ad Andrew Ellard (https://medium.com/@ellardent).
Chiudiamo con una nota più tecnica: il racconto è scritto competentemente, ma devi essere più preciso nelle descrizioni. Una piattaforma di cemento sgangherata non aiuta il lettore a visualizzarla: potrebbe essere incrinata, scrostata, piena di muschi, con sterpaglia parassita che cresce tra le crepe o una combinazione delle precedenti. Sapere che Luca dedica le ore successive a social e videogiochi è un inizio, ma quante ore? Che social? Che videogiochi? Perché parli di biscotti anziché di Gocciole? Perché anziché dire che Luca arriva a fine corsa stremato, essenzialmente dicendo al lettore di trovarsi un’immagine di stanchezza nella sua testa e usarla, non la trovi tu che sei lo scrittore? Cosa me ne faccio esattamente di sapere che Lucas si immerge nei suoi pensieri? Cosa dovrei visualizzare mentre leggo quelle righe, che informazione mi danno?
Lo so, probabilmente ti sembrano inezie, ragion per cui ti spiego per filo e per segno perché non lo sono:
- In un racconto breve hai poco spazio, ogni parola deve contare; questo è ancora più vero per la caratterizzazione dei tuoi personaggi, su cui si impernia quanto ogni storia impatta il lettore. Buttarle per dire che Lucas si immerge nei suoi pensieri per un altro po’ è criminale.
- Il lettore medio non ha una grande immaginazione: se scrivi qualcosa di vago sostituirà con il dettaglio più banale. Per esempio Luca può essere stremato in tanti modi, ma la gran parte delle persone lo immaginerà con il fiatone (anziché, che so io, con acido lattico nelle gambe o fitte alle rotule). Questo è un problema perché il lettore non si accorge di questo processo e il suo giudizio di «poca fantasia» si ripercuote, consciamente o meno, su di te.
- I dettagli restano in testa. Se anziché dire videogiochi avessi detto che Luca gioca Overwatch con gli amici, e magari avessi insistito su questo punto scendendo più nel dettaglio o tornandoci sopra, il finale in cui la Gioventù Torna Al Campetto avrebbe avuto più senso narrativo. Così com’è, uno nota che Luca è tecnodipendente solo se cerca di notarlo.
- Perché è meno noioso da leggere. L’obiezione più comune che sento quando parlo di show don’t tell è che troppi dettagli appesantiscono, ma una descrizione concreta è la cosa che scorre meglio in un testo.
Coraggio, la base della torta era buona. Avrebbe solo beneficiato di un po’ di tempo in più in forno.
6.5/10
La fic più enigmatica dell'edizione. Scritta bene, tratta con delicatezza e serietà un tema pesantissimo come quello dell'adozione familiare, ma... Non la capisco. Chi è Dino? Perché aiuta Luca? Che fine ha fatto l'amico della montagna che doveva tornare 4 giorni dopo? Cosa ha detto di Dino ai suoi amici? È un peccato, perché anche questa tecnicamente è scritta bene, è scorrevole, hai costruito bene i periodi, il tema dell'affrontare la scoperta del genitore l'hai reso bene. Eppure l'altro tema fondamentale, quello del basket che è interessante venga usato in supporto al superamento dell'altro dramma interno, rimane monco. Sarà che io odio i finali aperti e le questioni che "vengono lasciate al lettore", perché se stai scrivendo qualcosa vuoi trasmettermi qualcosa, non farmi inventare i finali, ma questi aspetti per me inficiano pesantemente nella valutazione. Per questo, nonostante sia tecnicamente ottima, non andrò oltre l'8/10.
Questa fic mi è piaciuta molto. Il rapporto che si forma tra questo anziano e un ragazzino in una situazione molto instabile viene descritto davvero bene. Anche l'evoluzione di tutta la storia è molto spontanea, e l'ho trovata narrata in modo piacevole. Davvero bella.
8.5/10
8.5/10
Ottima fic a tema cestistico, anche se qui il basket non è altro che un pretesto per parlare di altro. Stile di scrittura pulitissimo, molto scorrevole, che serve la narrazione di un racconto dal tema non banalizzato, ma affrontato lucidamente. Il parallelismo tra vita reale e basket è cucito bene, raccontato ottimamente anche il vortice di emozioni adolescenziali in cui si ritrova, suo malgrado il protagonista, e nel complesso tutta la storia cattura e non annoia, dall'inizio alla fine.
Voto: 8/10.
Voto: 8/10.
- @Losba con "Leggenda popolare di Galar"
Novecento:
Mi sono appena ricordato perché non volevo fare il giudice. Come, di grazia, dovrei valutare un testo che ha un obiettivo completamente diverso da quello delle altre storie concorrenti?
Questo testo ha più o meno lo stesso problema di Otto prende un cucciolo, ma sbaglia in modo diverso. Nel commento relativo a quel racconto ho evidenziato come una storia non sia una storia in assenza di un conflitto. Qui abbiamo un conflitto, e, una volta elaborato un po’ oltre i confini del videogioco, sarebbe anche una base interessante (in particolare la spiegazione data agli spettri della Torre Diroccata), ma tale conflitto non influenza i personaggi.
Ciò è ovviamente fatto di proposito in quanto il titolo rende palese che volevi scrivere una leggenda, ma non potrò mai mettere abbastanza in chiaro che è una scelta dissennata: se un racconto senza conflitto è un aneddoto, un racconto con il miglior conflitto mai scritto ma privo di personaggi è un libro di storia. Hai mai sentito qualcuno che legga libri di storia nel tempo libero perché sono scritti bene? La parte triste è che i brevi interludi di dialogo tra il nonno e il bambino, che potrebbero anche non esserci, sono infinitamente più interessanti della leggenda vera e propria, esclusivamente in virtù del fatto che il lettore riesce a stabilire una connessione.
Quindi coraggio, scrittore o scrittrice. Siamo stati tutti alle prime armi, e Dio sa quanto ci ho messo a capire che un buon intreccio senza buoni personaggi è come preparare la migliore amatriciana d’Italia e scordarsi di comprare la pasta. Leggi e scrivi a perdifiato e migliorerai senza neppure accorgertene.
2/10
Questo testo ha più o meno lo stesso problema di Otto prende un cucciolo, ma sbaglia in modo diverso. Nel commento relativo a quel racconto ho evidenziato come una storia non sia una storia in assenza di un conflitto. Qui abbiamo un conflitto, e, una volta elaborato un po’ oltre i confini del videogioco, sarebbe anche una base interessante (in particolare la spiegazione data agli spettri della Torre Diroccata), ma tale conflitto non influenza i personaggi.
Ciò è ovviamente fatto di proposito in quanto il titolo rende palese che volevi scrivere una leggenda, ma non potrò mai mettere abbastanza in chiaro che è una scelta dissennata: se un racconto senza conflitto è un aneddoto, un racconto con il miglior conflitto mai scritto ma privo di personaggi è un libro di storia. Hai mai sentito qualcuno che legga libri di storia nel tempo libero perché sono scritti bene? La parte triste è che i brevi interludi di dialogo tra il nonno e il bambino, che potrebbero anche non esserci, sono infinitamente più interessanti della leggenda vera e propria, esclusivamente in virtù del fatto che il lettore riesce a stabilire una connessione.
Quindi coraggio, scrittore o scrittrice. Siamo stati tutti alle prime armi, e Dio sa quanto ci ho messo a capire che un buon intreccio senza buoni personaggi è come preparare la migliore amatriciana d’Italia e scordarsi di comprare la pasta. Leggi e scrivi a perdifiato e migliorerai senza neppure accorgertene.
2/10
Hai fatto il compitino e l'hai consegnato. Non è nulla di impegnativo, hai aggiunto un tocco personale alla lore presente in Pokémon Spada e Pokémon Scudo in una cornice di narrazione di narrazione. Si vedono vari errori tecnici, il linguaggio scade spesso in termini colloquiali, ma nel complesso il racconto scorre. Trovo anche apprezzabile che qualcuno abbia portato un racconto a tema Pokémon dato il sito su cui viene pubblicato, pertanto ti promuovo ugualmente con un 6/10.
Mi dicono che la base della fic sia effettivamente presa da Spudo ma che ci sia qualcosa di originale. Comunque la cosa mi interessa il giusto; racconta una storiella leggera e lo fa in modo scorrevole e piacevole. Non credo che l'autore puntasse a vincere, ma partecipare for fun è una possibilità e ho apprezzato questa fic che, tutto sommato, intrattiene.
6.5/10
6.5/10
La fic è scritta bene ed è più o meno tutto quello che di positivo posso dire di questa fic. Il problema, a mio avviso, è che manca di originalità, fin troppo. La storia base è presa da Pokémon Spada e Scudo e anche se l'autore ci ha aggiunto del suo, immaginando situazioni inedite all'interno della macrostoria, non riesco a valutare il contributo dato come sufficiente: ci si poteva sforzare un po' di più, allungare un po' e inventare una ministoria più articolata e nuova per il lettore. A fine lettura ho solo l'impressione di avere appena finito di leggere di qualcosa fatto senza neanche troppo sforzo.
Voto: 5/10.
Voto: 5/10.
- @Apeshit con "La fottuta Repubblica di California"
Novecento:
Da scrittore, leggere questo racconto è un po’ l’equivalente di un ASMR. Per certi versi mi ha ricordato, con le dovute proporzioni, l’esperienza di lettura de La morte del padre di Knausgård: il ritmo calmo e saldo, il soggetto di vita ordinaria e soprattutto la precisione assoluta nella descrizione degli stati d’animo e una certa ostinatezza nel soffermarsi su dettagli che altri tralascerebbero convergono nella produzione di una condizione d’essere che trascende la lettura e si posiziona più vicino a un’esperienza extracorporea o a un ricordo sepolto.
Tutto ciò è insieme la delizia e la croce di questo racconto. Come ho accennato, il soggetto è estremamente ordinario al punto da rendere palpabile l’influenza autobiografica da parte dello scrittore. Un intreccio intrigante, e io lo so più di altri vista la mia predilezione per la letteratura di genere, funge spesso da sorta di gabbia di Faraday che circonda il testo, distraendo il lettore in punti in cui la prosa dello scrittore manifesta lievi cedimenti; ne consegue che chi decide di narrare eventi comuni va inevitabilmente incontro a una situazione in cui perde il suo schermo protettivo, con tutte le debolezze e i vezzi che ciò comporta mettere a nudo. Per Knausgård ciò non è un problema in quanto la sua prosa è essenzialmente perfetta, ma nel tuo caso (ma anche nel caso di scrittori affermati come Michael Chabon nelle ultime, frustranti duecento pagine di Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay) i problemi normalmente irrilevanti iniziano a emergere.
Per esempio è molto evidente l’uso reiterato che fai delle anadiplosi (E mi innervosiva. Mi innervosiva essere così poco efficiente; Poi arrivarono le 18. Le 18 in punto perché avevo aspettato quell’orario con una maniacale attesa…; Sentivo freddo. Freddo al centro del petto; Lo vidi a rallentatore. Vidi a rallentatore il braccio allungarsi; E sarei sopravvissuto. Sarei sopravvissuto al parassita che era entrato dentro di me…). Questo è un aspetto su cui normalmente uno soprassiede (ne ho notate diverse in It a suo tempo, quindi suppongo che quella sia la fonte Q), ma che in un racconto come questo diventa molto più semplice da notare, e se il lettore inizia a essere trasportato fuori dalla storia appena rilegge lo stilema diventa un problema. Non aiuta il fatto che tendi a scrivere in frasi molto brevi anche laddove una più lunga suonerebbe meglio: per esempio la sfilza Il sole di luglio apparve ancora. Giusto in tempo per vedere il suo volto sudato, i capelli ricci lunghi. Per poi lasciare spazio all’immagine di quella sera potrebbe tranquillamente essere assorbita in un singolo periodo. Di nuovo, questi non sono difetti gravi (però darei un’occhiata in futuro, specie alle anadiplosi, anche se quella è una mia idiosincrasia), ma l’assenza della gabbia di Faraday li smaschera.
L’altro aspetto in cui il racconto ha qualche deliquio è, strano a dirsi, che va un po’ troppo veloce; o, per meglio dire, cerca di narrare troppe cose. In parte il problema è endemico: il formato della storia breve mal si presta a riprodurre le vette più alte del libro di Knausgård, che spende la buona parte di un centinaio di pagine a descrivere i preparativi e lo svolgimento di una singola festa e almeno una cinquantina in descrizioni delle metodiche di pulizia della casa della nonna dopo la morte eponima. D’altro canto non posso non chiedermi se non sarebbe stato meglio accorpare o rimuovere certe scene, per esempio il passaggio a pp. 4-5 sulla scrittura o la mezza pagina di incipit sulla vita feriale del protagonista. Non sono necessariamente parti noiose o scritte male, ma arrestano il ritmo e contribuiscono ad aumentare la dispersione trasversale di uno sciame che deve essere collimato come un laser per funzionare a dovere.
Non saprei dire se questo sia un racconto ad alto o basso rischio. Da un lato il soggetto è, da un punto di vista squisitamente narrativo, una delle proposte più inoffensive possibili; d’altro canto la prosa viscerale lo rende l’esperimento più interessante tentato nei Fic Contest cui ho avuto il piacere di assistere. Senza dubbio me ne ricorderò a lungo.
8/10
Tutto ciò è insieme la delizia e la croce di questo racconto. Come ho accennato, il soggetto è estremamente ordinario al punto da rendere palpabile l’influenza autobiografica da parte dello scrittore. Un intreccio intrigante, e io lo so più di altri vista la mia predilezione per la letteratura di genere, funge spesso da sorta di gabbia di Faraday che circonda il testo, distraendo il lettore in punti in cui la prosa dello scrittore manifesta lievi cedimenti; ne consegue che chi decide di narrare eventi comuni va inevitabilmente incontro a una situazione in cui perde il suo schermo protettivo, con tutte le debolezze e i vezzi che ciò comporta mettere a nudo. Per Knausgård ciò non è un problema in quanto la sua prosa è essenzialmente perfetta, ma nel tuo caso (ma anche nel caso di scrittori affermati come Michael Chabon nelle ultime, frustranti duecento pagine di Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay) i problemi normalmente irrilevanti iniziano a emergere.
Per esempio è molto evidente l’uso reiterato che fai delle anadiplosi (E mi innervosiva. Mi innervosiva essere così poco efficiente; Poi arrivarono le 18. Le 18 in punto perché avevo aspettato quell’orario con una maniacale attesa…; Sentivo freddo. Freddo al centro del petto; Lo vidi a rallentatore. Vidi a rallentatore il braccio allungarsi; E sarei sopravvissuto. Sarei sopravvissuto al parassita che era entrato dentro di me…). Questo è un aspetto su cui normalmente uno soprassiede (ne ho notate diverse in It a suo tempo, quindi suppongo che quella sia la fonte Q), ma che in un racconto come questo diventa molto più semplice da notare, e se il lettore inizia a essere trasportato fuori dalla storia appena rilegge lo stilema diventa un problema. Non aiuta il fatto che tendi a scrivere in frasi molto brevi anche laddove una più lunga suonerebbe meglio: per esempio la sfilza Il sole di luglio apparve ancora. Giusto in tempo per vedere il suo volto sudato, i capelli ricci lunghi. Per poi lasciare spazio all’immagine di quella sera potrebbe tranquillamente essere assorbita in un singolo periodo. Di nuovo, questi non sono difetti gravi (però darei un’occhiata in futuro, specie alle anadiplosi, anche se quella è una mia idiosincrasia), ma l’assenza della gabbia di Faraday li smaschera.
L’altro aspetto in cui il racconto ha qualche deliquio è, strano a dirsi, che va un po’ troppo veloce; o, per meglio dire, cerca di narrare troppe cose. In parte il problema è endemico: il formato della storia breve mal si presta a riprodurre le vette più alte del libro di Knausgård, che spende la buona parte di un centinaio di pagine a descrivere i preparativi e lo svolgimento di una singola festa e almeno una cinquantina in descrizioni delle metodiche di pulizia della casa della nonna dopo la morte eponima. D’altro canto non posso non chiedermi se non sarebbe stato meglio accorpare o rimuovere certe scene, per esempio il passaggio a pp. 4-5 sulla scrittura o la mezza pagina di incipit sulla vita feriale del protagonista. Non sono necessariamente parti noiose o scritte male, ma arrestano il ritmo e contribuiscono ad aumentare la dispersione trasversale di uno sciame che deve essere collimato come un laser per funzionare a dovere.
Non saprei dire se questo sia un racconto ad alto o basso rischio. Da un lato il soggetto è, da un punto di vista squisitamente narrativo, una delle proposte più inoffensive possibili; d’altro canto la prosa viscerale lo rende l’esperimento più interessante tentato nei Fic Contest cui ho avuto il piacere di assistere. Senza dubbio me ne ricorderò a lungo.
8/10
Re: wow. Un'altra fic potente e scritta divinamente. Probabilmente da un punto di vista tecnico è anche migliore di quella a cui ho dato voto massimo. Hai rappresentato un'umanità vera, tangibile. Una storia in cui si possono riscontrare personalità riconoscibili, da una o dall'altra parte. Conosco Marco, lo sono stato per certi versi con un mio ex che mi ha lasciato. Conosco anche Giovanni, lo sono per certi versi e per altri lo riconosco in altre persone che conosco. Dal mio punto di vista hai dato una rappresentazione mastodontica di due personalità normali. Anche lo stile di scrittura è tecnicamente molto elevato, hai fatto delle costruzioni eccezionali, una su tutte il dialogo con l'alternanza discorso diretto/narrazione riga per riga, che penso avrei impiegato un mese a scrivere, se mai mi fosse venuto in mente di fare una cosa simile. Super apprezzata anche la scelta dei temi raccontati. L'amore omosessuale in un paesino, con alcune delle difficoltà che comporta. Da omosessuale posso confermare che l'hai rappresentato esattamente com'è, come l'ho vissuto io e come l'ha vissuto più di un ragazzo che ho frequentato. Anche come hai integrato il COVID-19 è stato magistrale. L'accenno che fa capire che il protagonista ne ha sofferto pesantemente, i vari rimandi nella narrazione del prossimo futuro che effettivamente non potranno mancare in qualsiasi esperienza di vita dell'anno prossimo e di quelli ancora futuri. Quindi ribadisco come il tutto sia stato fatto tecnicamente bene, eppure, nonostante tu abbia trattato un sacco di temi che riconosco come mie esperienze di vita, tra cui, oltre le precedentemente citate, anche il piangere fino a non avere più lacrime, la scrittura che nasconde una parte di sé ed altre ancora, non sei riuscito ad emozionarmi. Onestamente non so spiegarmi il perché, ma attendo con ansia di leggere cosa ne pensino gli altri giudici. Pertanto il mio voto si ferma ad un comunque pregevolissimo 9/10.
Credo di dovermi scusare con l'autore perché, nonostante mi sembra che la sua fic sia di buona qualità, il genere mi fa davvero schifo e questo ha inevitabilmente e impietosamente influito sul mio apprezzamento (ho cercato però di non rifletterlo nel giudizio). Alla fine non mi è dispiaciuta, anche la narrazione mi è sembrata buona e che facesse passare le giuste emozioni. Non ho però capito la scelta di usare "G." fino alla fine, con la "rivelazione" del nome che non mi è sembrata così una rivelazione. Nel complesso mi sembra buona, ma non eccezionale.
7.5/10
7.5/10
Fic forse un po' lunga, ma che scorre abbastanza bene. Storia a tema adolescenziale, ci siamo passati un po' tutti, gay o etero che siamo; benché mi sia piaciuta molto la resa dei sentimenti e delle sensazioni provate dal protagonista, lo stile di scrittura mi sembra migliorabile (anche se è comunque buono: la lettura, come ho detto prima, scorre abbastanza liscia). Sono certo che con un paio di riletture si potesse rendere tutto il racconto un po' più ordinato, ma un buon lavoro, tutto sommato.
Voto: 7/10.
Voto: 7/10.
Di conseguenza ecco il podio:
1° posto per @Veemon Tamer, con punteggio 8.5
2° posto per @Apeshit, con punteggio 7.9
3° posto per @Fabiana, con punteggio 7.8
Innanzitutto, grazie a tutti i concorrenti per aver aprtecipato: anche quest'anno ci avete regalato delle belle fic. Congratulazioni al vincitore Veemon Tamer, che si aggiudica un buono eShop da 25€ gentilmente offerto da Nintendo per l'occasione che ringraziamo. Voialtri non demoralizzatevi: potrete riprovare l'anno prossimo, e fate tesoro delle recensioni dei giudici per capire come potete migliorare!